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È Richard Gere ad aver portato il primo afflato di Hollywood alla 67ma Berlinale, insieme ai colleghi Laura Linney, Steve Coogan e Rebecca Hall.
Nel thriller psicologico The Dinner, del regista Oren Moverman, tratta dal romanzo di Herman Koch, La cena, dal quale precedentemente è stato realizzato il film di Ivano De Mattero, I nostri ragazzi, un oscuro segreto familiare è il convitato di pietra a una cena tra fratelli e consorti.
"I conflitti morali sono benzina sul fuoco della tensione e della paura", descrive così il cuore della storia Richard Gere (67). Le due coppie devono rispondere alla domanda impossibile: cosa è consentito fare, e cosa no, per salvare i figli dalla probabile rovina. I loro figli adolescenti infatti hanno commesso un atto mostruoso.
"Nel libro La Cena dell’olandese Herman Koch, la geometria familiare è più chiara. I ragazzi sono colpevoli. I genitori, io e Rebecca Hall, Laura Linney e Steve Coogan, cercano una soluzione razionale, che non c’è. Nel film di Moverman i piani si confondono. Il fatto terribile al centro della famiglia emerge poco a poco. Le vite di queste persone benestanti e potenti, è il caso del mio personaggio deputato, è segnata, dalla rimozione di quanto accaduto. La rimozione è un veleno". Che genera mostri. "È così. La rimozione ha già segnato la vita dei due fratelli, interpretati da me e Steve Coogan. La rimozione del trauma di una madre malata di mente. La rimozione della condizione psichiatrica di mio fratello. E sulla rimozione si costruiscono vite, famiglie, si mettono al mondo figli. I traumi non elaborati però non possono che generarne altri".
La responsabilità però spetta alla generazione degli adulti. "La rimozione dilania il senso di responsabilità. Ed è questa l’unica chiave per capire un crimine efferato commesso da due ragazzi adolescenti assolutamente normali". The Dinner elabora i temi al momento più incandescenti in America: il posto della responsabilità individuale, le differenze di classe, razzismo, teenager ricchi e allo sbando morale. "Sono due settimane che il nuovo Presidente è in carica e il numero degli atti di violenza a sfondo razzista negli Stati Uniti è già aumentato. Questo clima di odio non riguarda solo l’America, ma il mondo intero. Quello che mi spaventa è pensare a quanto sforzo e quanto tempo ci vorranno per rigenerarsi da questo veleno".