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Il venezuelano Lorenzo Vigas è stato il primo regista latinoamericano a vincere il Leone d'Oro con Ti guardo: era il 2015, poi sono arrivati i messicani Guillermo del Toro e Alfonso Cuarón. A sei anni di distanza torna in Concorso a Venezia con La Caja: punta al bis? "Uno non fa film per vincere premi - chiarisce Vigas - ma perché ci sono storie che ti bruciano dentro".
Con La Caja (prodotto dalla Teorema di Vigas, Jorge Hernández Aldana e Michel Franco, anche lui in gara a Venezia con Sundown) il regista chiude una trilogia sulla paternità: "Credo di aver chiuso un capitolo importante. Mi interessa da molto tempo ragionare sulle conseguenze della situazione molto comune dei figli cresciuti soltanto dalle madri. Il nostro continente spesso sostituisce la figura paterna con altro: siamo il continente di Chavez e Peron, ci aggrappiamo a qualcuno di autoritario che sostituisca la voce e il corpo del padre. Benché l'America Latina sia matriarcale, è più importante ciò non c'è, quell'assenza che genera drammi".
Il film racconta la storia di Hatzin, un adolescente di Città del Messico in viaggio per recuperare i resti del padre, trovati in una fossa comune tra gli immensi cieli e i vuoti paesaggi del nord del Messico. Ma l’incontro casuale con un uomo fisicamente somigliante al padre lo riempie di dubbi e speranze su dove questi sia davvero finito. "Nel cuore del film - spiega Vigas - c'è la necessità del ragazzo di trovare il padre che non ha avuto e su cosa è disposto a fare per averlo. L'amore cieco può portarci in luoghi pericolosi: dobbiamo capire perché amiamo. Molte persone sono disposte a dare la vita per personaggi storicamente terribili".
Hatzin è interpretato dall'esordiente Hatzín Navarrete. "L'ho scelto tra centinaia di ragazzi di Città del Messico - rivela il regista - e non ero completamente convinto. Ma gli ho dato fiducia ed è andata bene". E il giovane attore: "Per me è stata una cosa nuova, qualcosa che ha migliorato la mia vita".
Hernán Mendoza è il "presunto" padre: "Mario - così lo descrive Vigas - è solo un piccolo tassello in un sistema criminale. Cerca di adattarsi, fa cose negative ma non ha scelta, deve approfittare delle situazioni". Per interpretare il personaggio, Mendoza ha messo su 50 chili: "Lorenzo è una persona a cui piace ricercare la verità. Mario è a suo modo vittima di quella schiavitù che porta le persone a fare cose che non vorrebbero fare".
La Caja è stato girato nello stato di Chihuahua, tra mille difficoltà. "Non tutto il Messico è così ma lì puoi respirare l'ambiente dei personaggi" spiega Mendoza. "Non è stato semplice - racconta Vigas - perché eravamo in un territorio controllato da un cartello e a 200 metri di distanza dal territorio di un altro cartello".
E aggiunge il produttore Jorge Hernández Aldana: "Il lavoro di location scouting è stato molto difficile. Abbiamo girato il film girato in dieci luoghi diversi, quando lavori con Lorenzo ti imbarchi in un viaggio del quale non conosci il punto di arrivo. Non siamo la prima produzione a incontrare questi problemi ma il nostro modo di collaborare è raccontare storie coraggiose che possano offrire una possibilità di miglioramento".