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Tra i dieci film in concorso Imaculat di Monica Stan e George Chiper-Lillemark è il vincitore del GdA Director’s Award 2021 nella diciottesima edizione delle Giornate degli Autori.
Il premio è stato assegnato dalla giuria 27 Times Cinema, costituita da giovani rappresentanti di ciascun paese della Comunità Europea e presieduta dalle registe Mina Mileva e Vesela Kazakova nel corso di una riunione plenaria trasmessa in streaming sulla pagina Facebook delle Giornate degli Autori.
Tutte le riunioni di giuria sono state moderate da Karel Och, direttore del festival di Karlovy Vary, che ha condotto le discussioni accompagnando le giurate e i suoi giovani colleghi a decretare il vincitore.
Il GdA Director’s Award ha un valore di 20.000 euro: metà destinata al regista, metà al venditore internazionale del film, per aiutarne la circolazione.
Questa la motivazione con la quale hanno sostenuto la scelta: “Imaculat è un film potente il cui messaggio è espresso meravigliosamente attraverso l'occhio della macchina da presa. Imaculat rappresenta la voce di due autori capaci di raccontare, attraverso interessanti scelte cinematografiche e una recitazione misurata, il percorso di una ragazza vittima della dipendenza. Il film si focalizza sull'interazione tra i pazienti di un centro di riabilitazione molto spesso in primo piano e lascia da parte il punto di vista dei medici del centro. Trattando anche temi come le relazioni tossiche e gli abusi, Imaculat rappresenta tutto ciò che il cinema dovrebbe essere secondo noi: uno specchio della società. Una società in cui le donne sono costrette nella claustrofobia dell'oppressione. Imaculat è un film di denuncia e ci sprona a guardarci negli occhi, ci fa vergognare, arrabbiare e desiderare di lottare per un mondo migliore. Come giovani, crediamo che questo film potente sia allo stesso tempo fragile quanto i suoi personaggi e vogliamo esserne ambasciatori per diffondere la sua voce grazie al GdA Director's Award che abbiamo scelto di attribuirgli.”
Quando Daria entra in un centro di riabilitazione per disintossicarsi dalla droga, una dipendenza ereditata dal suo primo amore, quell’aura di innocenza la salva dalle avance sessuali degli altri pazienti, per lo più maschi, e le fa guadagnare la loro protezione. Dietro il piacere di tutte queste lusinghe, però, si nasconde un caro prezzo da pagare che la giovane scopre immediatamente.
“Avevo 18 anni quando sono finita in riabilitazione”, ha detto Monica Stan nelle sue note di regia, “Ero sorpresa, stavo bene in quel posto. Nel mio ambiente borghese ero quella corrotta. Là, in mezzo agli altri tossicodipendenti, ero vista come una speciale. Da adolescente insicura, ho abboccato immediatamente alle lusinghe. L’immagine che gli altri hanno di noi può sedurci al punto da identificarci con essa, finché non ci rendiamo conto dolorosamente che si tratta di un’illusione pericolosa”.
“Leggendo la sceneggiatura di Monica sono stato attratto dalla relazione tra il continuo chiacchiericcio e il desiderio dolorosamente concreto di vicinanza”, ha aggiunto George Chiper-Lillemark, “Per dirla in altri termini, le parole creano un velo ingannevole di intricate dinamiche di potere e di genere in contrasto con i corpi che si attardano, a volte abbandonati in un’unione calda e totalizzante.”
In accordo con le Giornate degli Autori, Mina Mileva e Vesela Kazakova hanno inoltre scelto di assegnare una Menzione speciale delle Presidenti al film Shen Kong di Chen Guan con la seguente motivazione: “Umorismo, freschezza, audacia e assenza di confini artistici raramente convivono nel cinema d’autore. Questo fine lavoro riesce a evocare riflessioni filosofiche sulla solitudine, l’isolamento, l’amore, la tenerezza e il senso della vita. Auguriamo a Chen Guan di non perdere mai questa libertà artistica interiore che non può essere censurata.”