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"Se c’è un campione che può riassumere l’essenza del calcio e creare un ponte tra cinema e sport" dichiara Paolo Baldini, del Corriere della Sera, "quello è Gabriel Omar Batistuta: potente, travolgente, non è nato col talento di Maradona ma diventato un fuoriclasse soffrendo, imparando, con grande forza di volontà e la tempra di un Achille del rettangolo di gioco".
Un eroe, non un dio, ma un uomo cresciuto tra gli uomini e assurto all'Olimpo, del calcio, sì, ma la cui storia è ancora più universale. Se n'è accorto Pablo Benedetti, specializzato in docufilm, che ha deciso di girare con lui, e sulla sua vita, El numero nueve. "Io non sono nato a Firenze, ma mi sono innamorato lo stesso della sua storia" dice il giovane regista. "Timido, introverso, vulnerabile. Ho scelto lui perché ci ho visto qualcosa che mi apparteneva. C’erano i requisiti per raccontare qualcosa di onesto, diversamente da tanti miti del calcio stesso".
Alla roundtable partecipa anche Gianni Riotta, editorialista de La Stampa e firma della Rivista del Cinematografo: "La memoria passa di generazione in generazione. Il calcio mantiene, per sua fortuna perché è la chiave della sua sopravvivenza, una peculiare dimensione mitologica. E questo documentario è un’opera importante, ci restituisce un campione per chi era e cosa rappresentava".
Da sinistra: Marco Mazzinghi, Pablo Benedetti, Paolo Baldini e Gianni Riotta. Foto di Margherita BagnaraAltra caratteristica, questa, degli eroi che trascendono le fazioni. Anche in Argentina, ricorda ancora Baldini, ha alternato un anno al River Plate e uno al Boca Junior, le cui tifoserie sono acerrime rivali. Benché, puntualizza Riotta, “Il calcio argentino è molto diverso dal nostro e difficile da immaginare".
Anche il produttore Marco Mazzinghi, però, condivide qualcosa col bomber pupillo di Maradona: "Innanzitutto, ho 50 anni come lui” dice, riferendosi al recente cinquantenario di Batistuta, compiuto l’ultimo 1 febbraio. "Ricordo che all’inizio era dipinto come acquisto sfortunato, un bidone. Ma si mise subito al lavoro". E racconta: "Al tempo mi allenavo accanto allo stadio di Firenze, a pallanuoto, e notavo sempre questo ragazzo con i capelli legati dietro che si allenava tutto il giorno, destro e sinistro, tiro e passaggio, contro un muretto. Continuava fin quando il sole calava e non c’era più".
Un lavoro dedicato a un mito, dunque, che a sua volta si dedicava al lavoro con tutto se stesso. Quel "Batigol" che, ancora impresso nella memoria degli appassionati, si sottoporrà presto a un intervento chirurgico alle caviglie che lo liberi, questo è l'obiettivo, dalle sue condizioni di estrema fragilità e continuo dolore. Un'attesa di segno diverso, invece, quella che ci separa dall'uscita del film, da autunno nelle sale.