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“Reazioni dal Vaticano? È un problema del Vaticano, non mio. Se avranno la pazienza di vederlo fino in fondo capiranno che è un lavoro che affronta con curiosità, onestà, senza pregiudizio né intolleranza, fin dove può - perché 10 ore non sono un tempo sufficiente - le contraddizioni, le difficoltà ma anche le cose affascinanti del clero e di un prete diverso dagli altri, che è il Papa”.
È il giorno di Paolo Sorrentino e del suo nuovo, atteso progetto, The Young Pope, serie televisiva in 10 episodi, prodotta da Sky, HBO e Canal +, che andrà in onda su Sky Atlantic a partire dal 21 ottobre, le cui prime due puntate sono ospitate oggi in anteprima mondiale a Venezia73.
Come noto, la serie ruota intorno alla figura di Lenny Belardo (Jude Law), il primo Papa americano della storia, alias Pio XIII, nonché il più giovane mai eletto (47 anni) dal Conclave. L’elezione di Belardo, carismatico e affascinante, sembrerebbe il risultato di una strategia mediatica semplice ed efficace del collegio cardinalizio. Ma, com’è noto, le apparenze ingannano. Soprattutto nel luogo e tra le persone che hanno scelto il grande mistero di Dio come bussola della loro esistenza. Quel luogo è il Vaticano, quelle persone sono i vertici della Chiesa. E il più misterioso e contraddittorio di tutti si rivela Pio XIII. Scaltro e ingenuo, ironico e pedante, antico e modernissimo, dubbioso e risoluto, addolorato e spietato, Pio XIII prova ad attraversare il lunghissimo fiume della solitudine dell’uomo per trovare un Dio da regalare agli uomini. E a se stesso.
The Young Pope“Lavorare con Paolo Sorrentino è stata un’opportunità unica. Mi ha dato la possibilità di interpretare un personaggio contraddittorio, pieno di contrasti. L’idea di rivestire i panni del Papa mi spaventava, ma Paolo mi ricordava sempre che parlavamo di un uomo, guarda caso eletto al soglio pontificio” – spiega Jude Law – chiamato anche a riflettere sulla questione legata alla fama e alle sue declinazioni: “Non ho mai pensato alle similitudini tra la figura del Papa e quella di un attore. Certo è che quando si riveste un ruolo pubblico si ha sempre un dilemma tra chi si è nel privato e come ci si vuole rappresentare di fronte alle masse”.
Ambivalenza e contraddizione che il pilot di Sorrentino coglie appieno almeno in tre momenti: nella straordinaria sequenza iniziale che anticipa il sogno di un’omelia rivoluzionaria e impronosticabile, nella scelta da parte di Pio XIII di rivedere completamente le strategie di marketing legate all’utilizzo della sua immagine (portando come esempio i grandi artisti “velati” dei nostri tempi, come Salinger, Kubrick, i Daft Punk, Mina, Banksy), nella prima omelia – questa volta reale (?) – del nuovo Pontefice, durissimo con la folla accorsa da ogni parte del mondo: “Vi siete dimenticati di Dio. Non vi indicherò nessuna strada: cercatela”.
Un Pontefice “diametralmente opposto all’attuale Bergoglio, proprio perché potrebbe accadere che dopo un Papa liberale ne arrivi uno più conservatore”, spiega Sorrentino, che incalzato su quali possano essere, secondo lui, i lati positivi della Chiesa, risponde: “Sono molti, talmente tanti che con il poco tempo che abbiamo a disposizione non si riesce ad espletarli tutti”.
Fanno parte di quel mondo, nella serie, i personaggi interpretati da Javier Camara (Monsignor Gutierrez), Scott Sheperd (Cardinal Dussolier), Toni Bertorelli (Cardinale Caltanissetta), James Cromwell (Cardinale Spencer) ma, soprattutto, da Diane Keaton (Suor Mary, colei che accolse Lenny bambino in orfanotrofio, ora fortemente voluta al suo fianco da Sua Santità) e da Silvio Orlando: è il Cardinale Voiello, “l’uomo dietro le quinte” che governa realmente all’interno del Vaticano. Almeno fino all’arrivo del nuovo Papa… “Il male è distribuito in tutti gli esseri umani alla stessa maniera, indipendentemente dalla veste che indossano”, spiega l’attore partenopeo, chiamato a recitare in inglese nella serie: “Ringrazio la mezza dozzina di dialogue coach che ho sterminato in questa esperienza, la pazienza infinita che hanno avuto per portarmi vivo alla fine del percorso”.
Percorso che, per la prima volta, ha visto Sorrentino (che oggi ha ricevuto il Premio SIAE 2016 per l'Innovazione Creativa) cimentarsi con la scrittura di un’opera destinata al piccolo schermo: “Non è stata un’esperienza traumatica, ma difficile sì. Allo stesso tempo eccitante però, perché la dilatazione così ampia ti dà possibilità di approfondire molto di più i personaggi, di utilizzare digressioni che al cinema spesso tendi a censurare per questioni di tempo. C’è molta più storia, narrazione di quello che di solito troviamo nei film. Anche se ho voluto provare a portare alcuni elementi di sintesi, propri del cinema, in un contesto come quello delle serie tv dove spesso è assente”.