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(Cinematografo.it/Adnkronos) - "Mi ha colpito che durante il lockdown le persone hanno visto molti film. Hanno avuto bisogno più che di immagini di storie, del linguaggio del cinema, e questo è stato commovente. Ci sono grosse forme di combattimento a mani nude tra chi vuole farci credere che esisterà da ora in poi la possibilità di fruire del cinema solo con lo streaming e di chi invece ritiene che nel tempo l’esigenza fondamentale di ciascuno di noi di condividere l’immaginario in una sala buia tutti insieme diverrà sempre più potente... io la penso così”.
Ad affermarlo è il regista Luca Guadagnino che -in un incontro a Venezia per presentare il documentario su Salvatore Ferragamo Shoemaker of Dreams (arriverà in sala con Lucky Red)- racconta quali sono stati per lui gli esiti del recente lockdown.
Salvatore - Shoemaker of Dreams“Il cambiamento significativo è che a volte si viaggia di meno -osserva il regista- Io viaggio moltissimo e lavorando con i mondi anglosassoni ho l’esigenza spesso di trovarmi li. Ma essendo felice di vivere nella mia Milano, è positivo che si debba viaggiare di meno”. Il regista palermitano spiega anche come vive le nuove regole da seguire sul set: “Per la produzione molto spesso ci sono regole strette che devono essere seguite. Io mi chiedo spesso come fare ad esempio le scene d’amore, di passione, e sono curioso di capire come risolverle, ma credo che si risolverà”.
Guadagnino entra poi nel vivo del documentario sul grande stilista scomparso. "Quello che mi viene in mente è l’incredibile rispetto che Ferragamo ha sempre avuto per il processo creativo -spiega- Che fosse ambizioso è fuor di dubbio, ma fra le due cose avrebbe certamente preferito l’etica della creazione”. Ferragamo “ha vissuto la sua vita quasi come una sorta di outsider, è una persona che ha sempre posto se stessa fuori dal sistema nel quale era. È in costante eccentricità, e questa cosa per me, e il fatto che è una figura titanica di creatore, era un elemento irresistibile”.
La scelta di un documentario per raccontarne la storia è sempre stata ben chiara: "Mai pensato alla fiction, perché la sua vita è così complessa che ridurla ad una sorta di biografia sarebbe stato uno sforzo vano -spiega il regista-. Invece il doc ci consente di esprimerne la estrema ricchezza". Peraltro, una forma "nobilissima e bellissima a cui mi piace tornare costantemente". Oltretutto, "la moda è quasi infilmabile per la fiction, perché il cinema non ha le risorse per poter competere con quell'universo immaginifico", aggiunge.
E sulla sua passione per la moda, il regista spiega: "La moda ha la capacità di anticipare il desiderio creandolo. Ma da quando è diventata, nelle sue espressioni più importanti, anche una questione di capitale, forse questo anticipare i desideri unito al sistema che le gira intorno è una sorta di dittatura del cambiamento costante. E questo è un tema sul quale riflettere".
Della pellicola è entusiasta anche la famiglia di Ferragamo. "Mio padre ha sempre precorso i tempi -dice la figlia Giovanna- Alcune sue creazioni sono attuali anche adesso. Molto suoi modelli all'epoca erano azzardati. Oggi, sono sicura che avrebbe trovato il modo di adeguarsi ai tempi. Ma sono sicurissima di una cosa: che non avrebbe mai compromesso la qualità, che per lui era fondamentale". E su un ipotetica figura che, nel panorama attuale, possa rappresentare una sorta di 'delfino' di suo padre, la figlia del grande stilista nicchia: "E' difficile trovare un delfino -osserva- Persone con le qualità di mio padre ne nascono una ogni tanto. Noi siamo in sei a mandare avanti il lavoro di uno. Ma non ho nessun dubbio che ci sarà una continuità", sorride.