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"Questo film non ti fa vedere la guerra come la vedi nei telegiornali, ammesso che poi lo abbiano mai fatto. E' un tipo di cinema che ripara un vuoto di informazione".
Parola della scrittrice Michela Murgia a proposito del film For Sama di Waad al-Khateab e Edward Watts, che è stato proiettato nell'ambito del MedFilm Festival e che la Wanted porterà nelle sale italiane dal prossimo anno.
In For Sama si raccontano cinque anni di rivoluzione e resistenza ad Aleppo, in Siria, contro le forze di Assad e quelli che lo hanno supportato, nello specifico i russi. Tutto è visto e riportato attraverso gli occhi della regista Waad al-Khateab: "una giovane donna che sotto i bombardamenti e dentro quella resistenza si innamora, si sposa e fa una bambina, che si chiama appunto Sama".
E proprio a lei, a questa bimba nata nel mezzo della guerra, è dedicato questo documentario. "La regista è una giornalista e ha deciso di rimanere lì e di farlo in forma militante. Il suo compagno è un medico, professione che già faceva all'inizio della guerra civile, e sotto i bombardamenti si ritrova a capo di un ospedale di fortuna improvvisato, l'ultimo che poi sarà bombardato ad Aleppo. Avevano l'idea di salvare la città e portarla via al regime di Assad. All'inizio erano convinti di farcela, poi il gioco si è fatto duro, ma scelgono comunque di rimanere fino alla resa. Saranno gli ultimi ad andarsene dalla città".
Questa coppia si troverà a dover scegliere: scappare e mettere in salvo la bambina o restare ad Aleppo e combattere per un'idea di giustizia che deve essere la sua eredità?
"Fanno una scelta difficilissima, quella appunto di restare - dice Michela Murgia-. E decidono di vivere in condizioni di estremo pericolo, nelle quali tu puoi morire da un momento all'altro e nelle quali vedono tutte le persone intorno a loro perdere la vita. E' anche una scelta criticabilissima quella di rimanere lì con una bimba piccola. Fanno questo film proprio per spiegarle e per ricordarle il motivo per cui l'hanno messa a rischio e le hanno fatto passare i primi anni della sua vita in un contesto nel quale nessun bambino dovrebbe crescere".
Loro provano a resistere "anche simbolicamente alla distruzione". "Si comprano la casa, piantano delle piante- racconta-. Piantare una bouganville nel proprio giardino diventa un gesto rivoluzionario. Seminano bellezza. L'idea di costruire, mentre tutto intorno si distrugge, è l'unico modo per evitare che la distruzione diventi totale. E' un film dunque sulla speranza, sulla forza e sulla devozione a un'idea di giustizia che supera quella dell'amore per i propri figli". Non solo per la Murgia è anche: "un film femminista perché fa una cosa tipica del movimento di lotta femminista e cioè non ti racconta la guerra, ma il punto di vista preciso e l'esperienza di questa donna".
Ieri lo ha introdotto al cinema Savoy di Roma e prima di andare alla presentazione l'ha voluto rivedere ("forse ho fatto male perché poi sono arrivata troppo emozionata e non sono riuscita a dire tutto quello che volevo dire"): "Ero in tram in piedi con il telefonino e dietro di me c'era un signore più alto che sbirciava e allora lo abbiamo visto insieme. Lui alla fine era commosso e mi ha detto: chi sono questi attori? cosa è questo film? Gli ho detto non sono attori, sono persone vere. E lui mi ha detto: dove è successo questo? Gli ho detto in Siria, ma sta succedendo anche adesso nel Rojava e ovunque. E lui mi ha chiesto: ma perché nessuno ce la dice questa cosa? Mi è venuto un magone e ho capito che la narrazione artistica e politica può fare moltissimo per fare informazione e fare crescere una coscienza. Purtroppo non si fa. Dopo aver visto questo film capisci che frasi come aiutiamoli a casa loro o vengono qui e non ne hanno bisogno non vogliono dire niente. For Sama combatte il razzismo, la xenofobia, e ti fa capire che quello che vedi può succedere in qualunque momento, anche a casa tua".