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"I critici dovrebbero rivedere le loro idee sulla fantascienza e sugli effetti speciali perché talvolta questi film sono molto più profondi di quello che si pensa".
Parola dell'attrice statunitense Sigourney Weaver, protagonista di Alien e Avatar, che oggi alle 18.30 sarà protagonista di un Incontro Ravvicinato alla Festa del Cinema di Roma.
"Troppo alta" (più di un metro e ottanta), androgina e lontana dai canoni di una femminilità canonica, insomma "non biondina e con gli occhi azzurri", per essere considerata dagli studios hollywoodiani nel ruolo della fidanzatina delle love story, nel corso della sua carriera è sempre stata ingaggiata come lei racconta "da registi molto fantasiosi".
Dopo una piccola parte in Io e Annie di Woody Allen (una scena di pochi secondi, sei per l'esattezza) è salita alla ribalta nel 1979 interpretando la mitica Ellen Ripley in Alien e diventando poi la prima attrice nella storia degli Oscar a ricevere una nomination per un film di fantascienza nel 1987 per Aliens-Scontro finale.
"Nel genere fantascientifico si pongono molte grandi domande sull'esistenza come per esempio dove andiamo e che cosa succederà dopo di noi. E' davvero un'area molto interessante come fonte di riflessione. Non a caso è una parte importante anche della letteratura americana", prosegue l'attrice.
Figlia di un dirigente dell'azienda radiotelevisiva NBC e dell'attrice britannica Elizabeth Inglis, la Weaver a dodici anni scelse di cambiare nome perché detestava essere chiamata Sue o Suzie dai suoi familiari e iniziò ad usare il nome Sigourney (al posto del suo: Susan Alexandra) nel 1963 sulla scia del personaggio del Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald.
"Mio padre mi ha fatto innamorare di questo mondo perché quando tornava la sera si capiva che si era molto divertito e che aveva passato una bella giornata. Mia madre invece non parlava mai della sua carriera da attrice, che ha abbandonato presto, subito dopo il matrimonio. Mi diceva 'non andare a Hollywood che ti vogliono solo portare a letto' o mi consigliava di fuggire il prima possibile da quest'ambiente. Lei, al contrario di mio padre, era molto pessimista", racconta Sigourney Weaver sui suoi genitori.
E a proposito di Hollywood e dello scandalo Weinstein: "Senz'altro era da tempo che le cose dovevano cambiare. Bisognava lottare per la qualità sul posto di lavoro. Queste donne sono importanti perché hanno iniziato una rivoluzione. Ora ci sono molte più possibilità che gli uomini e le donne possano giocare su un livello di parità. Abbiamo ancora molto da fare, ma è stato un inizio strabiliante".
Sigourney WeaverInfine torna a parlare dei "meravigliosi" registi con cui ha lavorato da Cameron che "ha intuito in modo sottile come potevo recitare al meglio" al "sorprendente" Ang Lee che l'ha diretta in Tempesta di ghiaccio, e poi ovviamente a Ridley Scott che "nella grossa sfida di Alien non gli piaceva fare molte prove, ma c'era molta improvvisazione, che però ha funzionato perché venivo dal teatro", fino a citare l'italiano Luca Guadagnino che ha incontrato e le ha chiesto di partecipare a un paio di film (uno che non ha girato e uno al quale non è riuscita a partecipare).
Infine ricorda il film Gorilla nella nebbia, che quest'anno compie trent'anni: "Lavorai in Africa con una troupe internazionale e mi sentii davvero felice a stare insieme ai gorilla. Sono così gentili e ci somigliano così tanto che è come stare in compagnia degli esseri umani. Suggerisco a chiunque di fare un'esperienza a contatto con loro".