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Sono alcune cose preziose che il TFF mette a disposizione degli appassionati. Con grande riscontro da parte del pubblico: sale sempre piene, a qualsiasi ora del giorno. Domande che si rincorrono in attesa di entrare nelle sale: chi vincerà quest'anno? La formula non è segreta: anni, decenni, di educazione e formazione cinematografica. Il festival ha successo perché i suoi abitanti rispondono con entusiasmo, non importa se i divi con d maiuscola non ci sono: le star sono i film.
In fila per vedere Tragica alba a Dongo, un mediometraggio recuperato per un pelo, ci sono tantissime persone, qualcuno rimane fuori. Accade per i titoli del concorso, dedicato a opere prime, seconde e terze, per la notte horror (sono venuti da tutta Italia per assistere alla maratona che è durata da mezzanotte alle 6 di mattina). O per le magnifiche retrospettive che ogni anno ci propone il direttore Emanuela Martini. Occasioni fortunate per rivedere (o vedere per la prima volta) capolavori del passato, anche recente, sul grande schermo. Sempre con un'idea in testa, che sia la New Hollywood, nel 2013 e '14, o la massiccia dedicata a Joh Huston: rompere gli schemi, mettersi in gioco e in discussione personalmente.
Il simbolo, potremmo dire, della missione del Torino Film Festival. Ed ecco che la retrospettiva di quest'anno non fa eccezione: "Cose che verrano", curata da Emanuela Martini e corredata da un volume di saggi e testimonianze, "Pecore elettriche, la Terra vista dal cinema", comprende una trentina di titoli imperdibili: dall'Ultimo uomo della Terra di Ubaldo Aragona, dove in una Roma sconosciuta si aggira lo scienziato Robert Morgan, sopravvissuto a un'epidemia che ha trasformato gli uomini in vampiri o 1975: occhi bianchi sul pianeta Terra di Boris Segal e tratto dal capolavoro di Richard Matheson Io sono leggenda.
Ancora, il disturbante Strange Days di Kathryn Bigelow nella Los Angeles paranoica del 1999 o Blade Runner di Ridley Scott, in due versioni, l'originale e il director's cut con finale più cupo. In mezzo spicca come un diamante il primo Mad Max di George Miller: pirati della strada, o meglio mostri su due ruote, che fanno ancora paura 35 anni dopo. Visionario, intelligente, spregiudicato, e Mel Gibson, imberbe, quasi un altro attore.