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Iniziamo con le certezze. Anzi l'unica. Domani sera, sabato 17 luglio, il vero vincitore di Cannes 74 sarà Marco Bellocchio.
Intanto perché - come annunciato da tempo - salirà sul palco per ricevere la prestigiosa Palma d'Oro d'Onore (secondo regista italiano nella storia ad ottenerla, dopo Bernardo Bertolucci), ad omaggiarlo ci sarà anche il (ben più) giovane collega Paolo Sorrentino e Pierfrancesco Favino, in arrivo sulla Croisette in queste ore proprio per rendere onore al maestro che l'ha diretto nel Traditore.
In secondo luogo perché il suo Marx può aspettare - seppur presentato in Cannes Premiere, e quindi in una sezione non competitiva - è tra le (poche) cose veramente belle viste in questa edizione (particolare) del Festival.
Marx può aspettare - Camillo e Marco BellocchioParticolare perché costretta a mettere in cartellone ben più dei film di cui aveva realmente bisogno (24 titoli in concorso è un'enormità francamente non giustificata poi dalla qualità media delle opere) ma, soprattutto, per le condizioni non propriamente safety in cui si è svolta. Ma questa - come direbbero quelli bravi - è un'altra storia.
Ripensando ai titoli in gara ce ne andiamo da qui con poche "suggestioni", al netto della riuscita o meno di un film: Drive My Car di Hamaguchi è una, A Hero di Asghar Farhadi l'altra. Personalmente parlando, anche Memoria di Apichatpong Weerasethakul rientra nel novero di quelle opere che - a distanza - continueranno ad accompagnarti. Si potrà dire lo stesso degli altri 21 film in gara?
Il discorso è molto semplice: quand'è che un film riesce ad oltrepassare il confine della buona riuscita per farsi capolavoro? The French Dispatch di Wes Anderson e Tout s’est bien passé di François Ozon - per citare i primi due che ci vengono in mente - sono dei bei film? Indubbiamente sì, oseremmo dire ai limiti della perfezione, ma oltrepassano quel confine?
Non sarà compito facile per i giurati, guidati dall'istrionico Spike Lee che, com'è lecito attendersi, potrebbe regalare ben più di qualche semplice sorpresa (vedi Benedetta di Verhoeven, Titane della Ducournau o Lingui di Haroun e, a questo punto vale tutto, Tre piani di Nanni Moretti).
E proprio per questo è impossibile mai come questa volta fare alcun tipo di previsione.