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Un toccante capolavoro accolto da scroscianti applausi durante la proiezione nel cinema di Potsdamer Strasse, all’interno della 66esima edizione del festival del cinema di Berlino, Fukushima mon amour (il cui titolo originale è letteralmente: “Saluti da Fukushima”) ha raccontato alla platea della solidarietà femminile - tematica esplorata anche in Toz Bezi, altro film targato Berlinale seppur in un contesto diverso - e della drammatica condizione odierna a Fukushima, città distrutta dal terremoto che provocò poi lo tsunami e la fuga di emissioni radioattive dalle centrali nucleari di Tokyo nel marzo del 2011. Un dettaglio sulle labbra di una donna apre l’opera della regista Doris Dörrie ponendo al pubblico le domande esistenziali a fondamento della vita di ogni essere umano: “Che direzione sta prendendo la tua esistenza?”, “Sei soddisfatto?”, “Dove stai andando?”.
La giovane tedesca Marie, fuggita dalla Germania dopo che i suoi sogni d’amore si sono infranti, scappa dall’altro capo del mondo; arrivata in Giappone con il proposito di fare la clown per il piccolo villaggio di anziani sopravvissuto alla città - ormai morta - di Fukushima, la sua infelicità le impedisce di gestire al meglio sia le emozioni che la sua missione ma troverà salvezza e rinascita nel rapporto Satomi, un’anziana geisha a cui non è rimasto più nulla se non una casa distrutta. Nel mutuo scambio di dolore e consapevolezze e attraverso la ristrutturazione artigianale dell’abitazione di Satomi, le protagoniste ricostruiranno anche le loro identità e la loro esistenza.
Fukushima non amour è intriso di immagini poetiche, pochi dialoghi e momenti di pura e mai volgare comicità. Le donne si riflettono l’una nell’altra, “l’elefante” Marie, alta, maldestra, muscolosa e la delicatissima Satomi, elegante, posata e affascinante. I fantasmi delle rispettive vite si fondono, le atterriscono, percorrendo lo scambio del loro passato distrutto lo spettatore assisterà al risveglio delle forze interiori dei personaggi, stregato dalla desolazione che le circonda e sedotto dalla fotografia in bianco e nero. Impeccabili le interpretazioni di Rosalie Thomass e Kaori Momoi, le cui fisionomie e movenze si contrastano e si amalgamano allo stesso tempo.
Fukushima non amour è stato presentato nella sezione Panorama Special della Berlinale la cui mission è, propriamente, costruire ponti: il film della Dörrie non solo rispetta meravigliosamente questo proposito ma è riuscito anche ad amalgamare tematiche sociali ad una sceneggiatura credibile e allo stesso modo trasognante.