PHOTO
Più turbolenta del solito la cerimonia di premiazione della 67° Berlinale: arrivato sul red carpet visibilmente alterato e non del tutto lucido, Aki Kaurismäki non è salito sul palco per ritirare il premio alla miglior regia per il suo The Other Side of Hope urlando arrabbiato dal palco per non aver vinto l’Orso d’Oro. E quando una giurata si è avvicinata in platea con quello d’Argento, il finlandese l’ha usato come microfono per ringraziare e poi l’ha messo in tasca. Ancora una volta a Kaurismäki sfugge il primo premio: stavolta l’ha vinto la regista ungherese Ildikò Enyedi con On Body and Soul, in cui il sogno condiviso di due cervi fa incontrare due personalità diversamente monche, nel corpo e nei sentimenti: una commedia bizzarra sui sentimenti, molto apprezzata.
Il Gran Premio della Giuria è stato vinto a sorpresa da Félicité di Alain Gomis, dramma neorealistico dal Senegal su una donna che cerca di curare il figlio dopo un incidente ma anche di rifarsi una vita, mentre ridicolo appare il premio Alfred Bauer (la cui dicitura premierebbe film in grado di aprire nuove strade al cinema) ad Agnieszka Holland per Spoor: non solo per la qualità del film - pessima, per chi scrive - ma soprattutto perché con la sua forma, il suo stile, i suoi temi e il modo di trattarli è quanto di più lontano dall’idea del nuovo.
Anche i premi ai due attori hanno fatto storcere più di un naso: Georg Friedrich per il tedesco Bright Nights di Thomas Arslan e Kim Minhee per il sudcoreano On the Beach at Night Alone di Hong Sang-soo. Se tra gli attori non c’erano molti rivali (ma molti film migliori), il premio all’attrice premia forse la bellezza del film ma nel merito dell’interpretazione femminile c’erano molte rivali più accreditate, come la Daniela Vega di Una mujer fantàstica: il film di Sebastian Lelio si deve accontentare per il premio alla migliore sceneggiatura. E dato in pole position per premi importanti, anche Ana, mon amour del rumeno Čalin Peter Netzer si è dovuto accontentare del premio al contributo tecnico per il montaggio.
Si chiude un’edizione del festival di Berlino che, come in più di un caso negli ultimi anni, ha avuto nel concorso il punto debole: film medi o mediocri in quantità, pochi film di buon livello (e spesso fuori concorso come Logan o The Lost City of Z). Un calo preoccupante come la stampa e la critica hanno unanimemente registrato: resta invece l’ottimo lavoro di ricerca e selezione nelle sezioni parallele da dove vengono le pellicole migliori come Panorama in cui ha brillato Luca Guadagnino e il suo Call Me by Your Name, il forum più sperimentale o come la ricca scelta di documentari tra i quali occorre segnalare Ghost Hunting di Raed Andoni, vincitore del nuovo premio Glashütte al documentario.
Appuntamento per tutti al prossimo anno (15-25 febbraio): speriamo sia invitato anche il grande cinema.