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(Cinematografo.it/ Adnkronos) - "Nel corso degli ultimi anni, mi ha sbalordito vedere con quanta fascinazione seguiamo i casi di cronaca nera proposti dai media. E sono doppiamente sbalordito considerando che, a dispetto della consapevolezza del fenomeno e della sua costruzione, non riesco a sottrarmi al suo effetto".
Il regista argentino Gonzalo Tobal è partito da questa riflessione per girare Acusada, il film che accompagna oggi in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e che racconta la storia di Dolores (interpretata da Lali Esposito), una studentessa agiata la cui migliore amica viene assassinata brutalmente. Dolores diventa l'unica sospettata di un crimine che, catalizzando l'attenzione mediatica, la pone sotto la luce incessante dei riflettori.
"Come spettatore - confessa il regista - sono vittima di un senso di inquietudine costante: un interrogativo che riguarda la natura umana delle persone vere coinvolte in esperienze in cui il confine tra pubblico e privato è offuscato dalla violenza. 'Acusada' è sia un giallo che una riflessione su queste questioni. Uno sguardo sul processo interno ed esterno che chiunque si ritrovi coinvolto in una situazione così complessa può vivere. Oltre agli aspetti strettamente connessi al crimine, le ripercussioni si allargano anche alla sfera familiare, sociale, politica e sessuale. Abbiamo accesso al crimine e alla sua storia sempre dall'interno, con un occhio puntato sulla sfera intima dei personaggi e dei loro conflitti".
Un giallo che il regista non risolve mai del tutto, tanto che allo spettatore resta il dubbio sull'innocenza o colpevolezza di Dolores: "Recitare questo ruolo è stato un dono - sottolonea Lali Esposito - proprio perché era così complesso mantenere questo equilibrio del dubbio. Ci siamo riusciti lavorando, sotto indicazione di Gonzalo, sul senso di colpa del personaggio".
"E' lo spettatore - prosegue Dobal - che diventa, per così dire, il pubblico ministero, plasmando la propria verità sulla scorta delle informazioni fornite dalla sceneggiatura ma, soprattutto, sulla base dei gesti e del comportamento di una protagonista il cui mondo interiore ci è precluso, il cui volto è opaco come il dubbio stesso".
Nel film è dato ampio spazio anche al poter dei social e ai danni che gli adolescenti si procurano con condivisione di video e immagini intime: "Il mio film è il ritratto di una società sopraffatta da nuove forme di comunicazione e di esposizione che si ripercuotono sulle relazioni sociali e interpersonali in un modo che non siamo ancora in grado di comprendere. Una società nella quale i fatti vengono sempre più diluiti nella battaglia delle opinioni e la verità, o quanto resta di essa, è confusa dalle parole che hanno più presa sullo spettatore", conclude il regista.