(Cinematografo.it/Adnkronos) - "L'ironia aiuta parecchio quando si fa questo mestiere. Perché quando si fa un film succede puntualmente il contrario di quello che ti aspetti: quando credi di aver fatto un capolavoro parlano del tuo film come di un lavoro orribile, quando sei scontento dicono che hai fatto una cosa bellissima. Quindi la verità è che l'unica via è avere ironia, credere in sé stessi, avere talento, persistenza e anche fortuna". A parlare così è il regista Brian De Palma protagonista oggi alla Mostra del Cinema di Venezia, sia come protagonista fuori concorso di De Palma, il documentario sulla sua vita e la sua carriera diretto da Noah Baumbach e Jake Paltrow, sia come destinatario del premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker.
"Come abbiamo convinto Brian a raccontarsi davanti alla nostra macchina da presa? Credo per il fatto che il modo il cui noi avremmo parlato del suo lavoro era diverso da come ne avrebbe parlato lui", dicono i due registi che hanno filmato circa 40 ore di intervista con De Palma per arrivare ai 110 minuti finali, nell'arco di due anni, iniziando cinque anni fa. "Le interviste sono avvenute nel salotto di Jake -spiega De Palma- e ogni volta che andavo lì mi mettevo la stessa camicia. Poi loro hanno avuto la grande capacità di cucire le mie parole con spezzoni di miei film".
A chi gli chiede se abbia rimpianti legati a qualche film, De Palma nega: "No, non ne ho. Certo, come si capisce anche nel film, non sono felice di quanto sia accaduto con Vittime di guerra perché ha avuto tanti di quei problemi di produzione che alla fino quando hanno finito il film lo hanno buttato via e non importava più a nessuno. Però sono stato molto felice di aver lavorato con Danny De Vito. Quindi anche quello è valso la pena".
Nel film non ci sono interviste ad attori e collaboratori, parla solo De Palma: "E' stata una scelta precisa -spiegano i registi- Chi potrebbe condividere lo schermo con lui? Quando si ha poco tempo per raccontare un personaggio così grande non ci sembrava utile aggiungere altre voci. Anche perché il rischio era avere un elenco di aggettivi superlativi. E poi noi eravamo più interessati a capire dal suo racconto le sue scelte stilistiche", spiegano.
A chi gli chiede del suo rapporto artistico con il veneziano Pino Donaggio, De Palma risponde: "Quando il primo compositore delle mie colonne sonore è mancato ne ho cercato uno nuovo. Ed ho trovato Pino. Il mio italiano non è granché e il suo inglese nemmeno. Però ci siamo capiti subito. Ed anche se ho lavorato con altri, compreso Morricone, per il thriller sensuale, che è il tipo di film che mi piace fare di più, Pino è il massimo", sottolinea.
Infine l'immancabile domanda su quale dei suoi film ami di più. "Perché continuate a chiedermelo? Come si può chiedere quale figlio ami di più? Ci sono sequenze che trovo molto affascinanti, esperimenti che hanno funzionato: la scena nel museo di Vestito per uccidere, la sequenza sulla scalinata di Gli intoccabili, quella girata con la steadycam nel Falò delle vanità ma anche tantissime altre", dice.
Quanto al rapporto con la tv, De Palma è rimasto scottato: "Come racconto nel film, ho avuto una pessima esperienza con Hbo nel fare un film. Mi hanno messo troppi paletti. Gestiscono tutto loro. La libertà del regista è molto relativa tanto che a volte episodi di una stessa serie sono diretti da registi diversi e lo spettatore nemmeno se ne accorge. Non fa per me", conclude.