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Una Masterclass bella e appassionante quella al Teatro Petruzzelli con Valeria Golino, che ritira il Federico Fellini Platinum Award del Bif&st 2019. Preceduta dalla proiezione di “Il colore nascosto delle cose” di Silvio Soldini, sollecitata dalle domande di Enrico Magrelli prima e poi del pubblico, l’attrice e regista ha ripercorso le tappe di una carriera lunga e prestigiosa che l’ha vista, tra l’altro, soggiornare per ben dodici anni ad Hollywood. “Fu un grande divertimento, sono stata lì tra i miei 23 e i 35 anni e ho lavorato in 17-18 film, alcuni dei quali molto belli, primo tra tutti ‘Rain Man’. Ma so che avrei dovuto fare di più. Mi ero messa in testa, ad un certo punto, di interpretare ruoli di donne americane, non solo straniere e ho fatto tanti provini senza ottenere la parte. Ma che potevo fare di fronte ad attrici come Julia Roberts o Demi Moore e Uma Thurman? Non c’era storia!”.
L’esordio al cinema era avvenuto qualche anno prima, nel 1983, con Lina Wertmuller che la scelse, appena sedicenne, per "Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada". “Fu un caso fortuito. Io facevo la modella già da un paio d’anni e vivevo ad Atene. Un giorno andai a Napoli per vedere mio padre e prima di tornare in Grecia mi fermai a Roma da una mia zia. Ero già per strada pronta a ripartire quando mia zia mi chiamò dal balcone di casa chiedendomi di tornare indietro. Aveva appena parlato al telefono con la sua amica Lina Wertmüller che stava cercando una ragazza della mia età per il suo prossimo film. Feci il provino e mi prese. Sul set la Wertmüller fu cattivissima, me ne diceva di tutti i colori ma poi, nel privato, mi trattava bene!”.
A soli 19 anni, l’exploit: alla Mostra del Cinema di Venezia del 1986 Valeria Golino vinse la Coppa Volpi per “Storia d’amore” di Citto Maselli. “Non avevo grandi aspettative” - ha ricordato in proposito – “tanto più che Felice Laudadio, poi Direttore del Bif&st, mi disse che avevo fatto un film bellissimo ma che il premio per la migliore interpretazione quell’anno sarebbe stato sicuramente assegnato a Sabine Azéma. Così tornai a casa e poi giunse la telefonata che mi annunciava il premio. Peccato che quell’anno a Venezia tendevano al risparmio e che la Coppa Volpi consisteva in una semplice targhetta! Mi sono poi rifatta nel 2015 vincendo la ‘vera’ Coppa con 'Per amor vostro'”.
L’attrice non rivede quasi mai i suoi film, dopo avere terminato la promozione e le partecipazioni ai Festival perché generalmente resta delusa da interpretazioni che in un primo le erano sembrate riuscite. “Non è il caso di ‘Storia d’amore’, però, perché ogni volta che mi capita di rivederlo mi ritrovo ancora molto brava. Quel premio me lo dovevano proprio dare!”
Di premi, in realtà, ne ha vinti moltissimi, anche con il suo esordio da regista con “Miele”, poi seguito da “Euforia”. Sulla sua esperienza dietro la macchina da presa: “La voglia di dirigere un film ce l’avevo da tanto tempo anche se non ne parlavo. L’ho fatto più tardi di quando avrei voluto, a 45 anni, perché fino ad allora non ne avevo avuto il tempo né avevo molta fiducia in me stessa. Sono stata convinta dall’incoraggiamento di Riccardo Scamarcio e Viola Prestieri, i miei produttori”.
Dopo tanti film, Valeria Golino non ha perso la passione per il suo lavoro di attrice, né ha mai smesso di stupirsi. “Quando mi stupisco durante la lavorazione di un film è un fatto molto vivificante, mi fa ricordare le ragioni della mia scelta di intraprendere questa professione. Ad esempio, recentemente sono rimasta sorpresa dalla vitalità della mia amica Valeria Bruni Tedeschi sul set di ‘I Villeggianti’. Valeria è non solo vitale ma anche buffa e insolente. Mi è servito molto vederla dirigere”.
Sulla prospettiva di fare un terzo film da regista, Valeria Golino ha ‘glissato’ dicendo di non avere ancora l’idea giusta. Intanto, però, il pubblico e la critica dell’imminente Festival di Cannes potrà ammirarla nel film in concorso "Portrait de la jeune fille en feu" di Céline Sciamma. “Interpreto il mio primo ruolo di una ‘vecchia’, un ruolo talmente malinconico che inizialmente non volevo fare il film ma Céline ha tanto insistito, diceva che non riusciva a pensare ad un’altra attrice per quella parte. È stato comunque un ruolo poco impegnativo, soprattutto in termini di tempo perché dopo avere trascorso due anni alle prese con una esperienza così totalizzante come quella di ‘Euforia’ oggi sento l’esigenza di non lavorare troppo e di farlo solo con registi miei amici”.