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Una rondine non fa primavera, ma di rondini per sperare ce ne sono tante. E questo film d’animazione si può dire che è una “rondine” che dà speranza.
Passato nella sezione Un certain regard, The Swallows of Kabul delle francesi Zabou Breitman e Eléa Gobbé-Mévellec, entrambe di origine afgana, è stato proiettato nell’ambito della ventitreesima edizione del Tertio Millennio Film Festival.
Il film, che è stato introdotto da Gianluca Arnone, direttore artistico del festival con Marina Sanna, vicedirettore della Rivista del Cinematografo, è un toccante racconto ambientato nella Kabul del 1998 occupata dai talebani. Una storia di denuncia che ci restituisce la terribile condizione delle donne, nascoste sotto i burqa e lapidate per “fornicazione”, in una società nella quale: “l’uomo non è mai in debito con la donna”.
Del contesto sociale dell’Afghanistan di oggi ne hanno parlato prima della proiezione la giornalista del Corriere della Sera Marta Serafini e la fumettista Tokua Ben Mohamed, esperta di graphic novel e giurata del Tertio Millennio Film Fest.
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“Sono stata in Afghanistan ad aprile per il Corriere”, racconta Marta Serafini, “e nei precedenti reportage ho sempre trattato il tema delle donne afgane, cercando di dare voce a chi ha meno voce. Questo film è prezioso perché racconta la società afgana senza stereotipi”.
“Non tutte le donne portano il burqa, ci sono donne che sono costrette a indossarlo e altre che lo mettono volontariamente. Tantissime studiano e lavorano, soprattutto a Kabul, e tanti uomini sostengono questo aspetto di emancipazione. È una società complicata, ma non c’è solo guerra e sottomissione della donna. Vi è comunque uno dei tassi di scolarizzazione femminile più bassi nel mondo e questo è sicuramente un problema. E le promesse di una società più giusta e paritaria ancora non sono state ancora realizzate. Nel film però emerge una speranza perché l’Afghanistan non è solo morte”.
“Il mondo dell’animazione è da sempre maschilista, ma sta cambiando”, dice Tokua Ben Mohamed, che si definisce una “tunisina de Roma”, cresciuta nella periferia romana.
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Poi la giovane fumettista, che ha studiato all'Accademia di Firenze e che da sempre combatte gli stereotipi a colpi di matita, conclude: “I film d’animazione non sono più solo stile Disney e per bambini, ma anche di denuncia e toccano veramente la società. L’arte è un mezzo di comunicazione molto forte. Si pensi anche a film come Persepolis o Valzer con Bashir”.