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In occasione della 75ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il critico cinematografico Silvio Grasselli ha presentato il suo nuovo libro Olmi, la liturgia dello sguardo, nello Spazio FEdS della Fondazione Ente dello Spettacolo, allestito nella Sala Tropicana 1 dell’Hotel Excelsior, al Lido di Venezia.
Grasselli dipinge un ritratto inusuale di Ermanno Olmi, che è stato non solo un fine narratore timorato di Dio, ma anche un sorprendente innovatore e il più grande “artefice d’immagini” che l’Italia abbia avuto dal Dopoguerra a oggi. Il regista rimane un punto di riferimento indiscusso per la settima arte, un maestro che non ha avuto timore di sperimentare e innovare, addentrandosi in zone inesplorate.
Per ricordare la figura del grande maestro scomparso sono intervenuti: Betta Olmi, produttore cinematografico; Andrea Olmi, Cecilia Valmarana, vicedirettore Rai Movie; Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna; Roberta Torre, regista; Silvio Grasselli, critico cinematografico. Ha condotto l’incontro Gianluca Arnone, giornalista de la Rivista del Cinematografo.
Il libro è edito dalla Fondazione Ente dello Spettacolo nella collana Le Torri, che sarà disponibile entro l’anno.
È stata l’occasione per ricordare il grande maestro.
Cecilia Valmarana: “Era un piacere stargli vicino. Lui era un osservatore delle cose. Tutti i suoi film sono intelligenti, profetici". Gian Luca Farinelli: “Quest’anno abbiamo presentato il restauro de Il posto, un grandissimo film sull’amore. Fu presentato a Venezia nel 1961. I materiali erano in buona condizione ed è stato facile fare un buon lavoro. Abbiamo cercato di riproporre le stesse sfumature in bianco e nero. Il suo era uno sguardo unico, indipendente. Era un grandissimo autore. Il posto è un film magico, che riesce a parlare a tutte le generazioni. Quando stavi con Ermanno Olmi venivi travolto dalla sua intelligenza, dal suo buonsenso”.
Roberta Torre: “Il mio maestro, di cinema e di sguardo. Lui mi ha insegnato a far suonare il silenzio. Lavorava con attori presi dalla strada e dal mondo. La sua è un’antropologia spirituale che mi ha regalato l’incanto”. Silvio Grasselli: “Lui è un maestro delle immagini. La mia monografia nasce da questo. Non era un regista particolarmente attaccato ai film che faceva. Li riteneva un mezzo per stare insieme agli altri. Nel suo cinema c’è un complesso intrecciarsi di simboli, di piccoli dettagli”.