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“La scintilla per questo film” spiega Giulio Base, autore e regista di Bar Giuseppe, in sezione Riflessi alla Festa del Cinema di Roma 2019, “è nata vedendo il quadro di Guido Reni In copertina del libro di Gianfranco Ravasi, Giuseppe – Il padre di Gesù (San Paolo editore, ndr). Ho trovato la mia chiave per raccontare oggi l’eterna scintilla di questo evento, forse il più importante della cultura occidentale e non solo”.
“Già a metà del copione, volevo fare questo film” aggiunge il protagonista, Ivano Marescotti, nei panni di un moderno Giuseppe. “È un film in cui il protagonista dice una cinquantina di parole, un linguaggio cinematico che si distingue dalla fiction, dove non si fa altro che parlare”. E conclude: “Parla anche di migranti, e noi stiamo dalla loro parte, essendo prima di tutto essere umani, poi viene tutto il resto”.
Parola a Virginia Diop, che interpreta Bikira (“Vergine” in Swahili): “Il mio personaggio è una giovane profuga che viene da condizioni disumane, esempio della crudeltà subita da molti, oggi. È stata una sfida capire la sua bontà d’animo, il suo amore spirituale e intenso per Giuseppe, più forte di quello passionale. È un personaggio che mi ha insegnato molto”.
“Io stesso, in minima proporzione, ho vissuto la discriminazione nei confronti dei miei genitori, migranti dal sud al nord Italia" argomenta Giulio Base. "Cercando casa, incappavamo in annunci quali ‘Non si affitta ai meridionali’. Gli emarginati di ieri e di oggi affrontano gli stessi problemi: dove andare, cosa mangiare, con quale lavoro. Bar Giuseppe è la mia idea, non una soluzione politica, bensì umana”.
E cosa ne pensano i produttori di questo film, non solo evangelico e umanitario ma anche amante del cinema, con citazioni e rimandi, ad esempio, alla struttura de La paura mangia l’anima di Fassbinder? “Una grande idea supportata dalle grandi capacità di Giulio: conoscenza del tema, scrittura e traduzione in immagini” dice Gennaro Coppola di One More Pictures. “È una grande storia d’amore, molto antica ma tra le meno raccontate perché tra le più difficili”.
“Quando abbiamo sentito di quest’idea” replica Samanta Antonnicola, di Rai Cinema, “ci siamo sentiti subito di cavalcare la sfida, nonostante richiedesse profonda ispirazione. Ma Giulio l’aveva, ha superato questo campo minato con tante letture: laica, religiosa, semplice, complessa. Passo passo, siamo arrivati a una sintesi di cui siamo contentissimi”.
Una storia d’amore e paternità, riguardo alla quale, emblematicamente, il regista e scrittore conclude: “Ringrazierò sempre mio padre, che mi ha trasmesso la passione per il cinema con il lavoro che faceva, vendere popcorn in una sala come questa, tanti anni fa”.