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“Ermanno Olmi ha dichiarato in diverse circostanze di non aver mai considerato il cinema la cosa più importante, di non averlo mai amato come si fa con una persona, ma di averlo scelto e attraversato, praticato e reso strumento privilegiato di ricerca, per la possibilità che gli dava d’incontrare gli altri, di stare insieme agli altri”, così scrive Silvio Grasselli nel tributo della Rivista del Cinematografo al grande regista recentemente scomparso, Il cineasta dietro l’uomo.
Grasselli dipinge un ritratto inusuale di Ermanno Olmi, che è stato non solo un fine narratore timorato di Dio, ma anche un sorprendente innovatore e il più grande "artefice d’immagini" che l’Italia abbia avuto dal Dopoguerra a oggi. La Fondazione Ente dello Spettacolo gli rende omaggio con una monografia, scritta da Grasselli, che sarà disponibile da settembre: Ermanno Olmi. Liturgia dello sguardo, un libro della collana Le Torri.
Olmi rimane un punto di riferimento indiscusso per la settima arte, un maestro che non ha avuto timore di sperimentare e innovare, addentrandosi in zone inesplorate. “Nel suo cinema, nelle sue scelte fotografiche, registiche, scenografiche, nella direzione degli attori così come nella scrittura dei suoi film, Olmi ha da sempre versato la sua profonda conoscenza, la sua intima familiarità con la cultura dalla quale proviene”, scrive ancora Grasselli. E per concludere “Il suo cinema - come una sorta di nuova arte sacra - è dunque anche esplorazione avanzata e consapevole delle articolazioni pie dense e profonde alle radici della cultura occidentale contemporanea”.
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