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Continuano le poliedriche attività di Fare Critica, il festival interamente dedicato alla critica teatrale e cinematografica ideato e diretto da Gianlorenzo Franzì (Lamezia Terme, 19 - 23 febbraio).
Ieri, ad introdurre il dibattito sulla critica (e la professione del critico) è stato Roberto De Gaetano, accademico e saggista nonché direttore della nota rivista scientifica Fata Morgana (e della sua neonata “branca” digitale, Fata Morgana Web). Rifacendosi al più grande critico di tutti i tempi, André Bazin, De Gaetano ha incentrato il suo discorso sul “tratto riflessivo”, insito nella critica. Tuttavia, “essendo oggi messa in crisi ogni operazione di “mediazione”, fare critica diventa sempre più difficile. Riguardo al cinema, sono cambiate poi anche le condizioni fruitive dell’opera: gli spettatori, soprattutto le giovani generazioni, tendono a non guardare film al cinema, essendo più atti a compiere un’esperienza non come ‘rito’, ma come visione parcellizzata”, ha spiegato lo studioso, facendo riferimento alle nuove piattaforme digitali come Netflix.
Un dibattito che negli ultimi tempi ha assunto quindi una problematizzazione ulteriore, inevitabilmente legata al contesto storico-sociale e all’impiego di dispositivi che hanno cambiato il metodo di fruizione. Ma naturalmente ad influire è anche il pubblico. “In Francia, infatti, la situazione è completamente diversa, soprattutto grazie alla pratica critica dei Cahiers du cinéma che hanno avuto il grande merito di ‘formare’ il pubblico, portandolo ad apprezzare film che in Italia sono rimasti ‘clandestini’”. Aldilà dello stato di crisi comprovato, però, De Gaetano ha ribadito a più riprese la centralità del ruolo del critico e della sua riflessione teorica sull’opera colta nella sua unicità, poiché obiettivo primario del discorso critico resta quello di riflettere su ciò che l’opera dice al fruitore, rivelando ogni volta verità sul mondo e sui modi di vita. Nonostante la tendenza ad intraprendere un discorso frammentato – dovuto soprattutto all’avvento dei social network – si può e si deve ancora trovare uno spazio per la critica riflessiva, quella che “non ha il compito di ‘accarezzare’ un’opera, piuttosto deve ‘distruggerla’ per capire davvero cosa ci voglia consegnare e perché il performativo è iscritto nell’opera stessa”, ha concluso De Gaetano.