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I saloni affrescati della Sala dell’Investitura di Palazzo della Corgna hanno fatto da cornice a questo evento tutto al femminile (o quasi), svoltosi a Castiglione Cinema 2018 - RdC Incontra, l'evento organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo a Castiglione del Lago per festeggiare i 90 anni della Rivista del Cinematografo.
Padrona di casa la giornalista Tiziana Ferrario, volto noto della tv italiana e autrice del libro Orgoglio e Pregiudizi – Il risveglio delle donne al tempo di Trump (Chiarelettere, 2017), che ha coordinato un appassionante dialogo sul tema “Donne, lavoro e cinema” insieme al critico cinematografico Pedro Armocida, direttore del Pesaro Film Festival, alla regista Antonietta De Lillo e ad Angela D’Arrigo, progettista culturale Fondazione Ente dello Spettacolo.
Come sottolinea Ferrario nell’introdurre il discorso: "Il 2018 è stato un anno particolare, in cui la voce delle donne si è fatta sentire moltissimo, soprattutto nell’ambito cinematografico (pensiamo allo scandalo sulle molestie sessuali e alla nascita di movimenti come Time’s Up, che ha monopolizzato la stagione dei festival e dei premi cinematografici portando alla ribalta le problematiche inerenti alla condizione femminile). Lavorare sulle pari opportunità è importante. Devono esserci più donne nel mondo del lavoro, in Italia sono solo il 49%, contro il 62% degli altri paesi. Senza le donne non c’è crescita e lo dicono le stime ufficiali degli istituti di ricerca più importanti".
Al centro del dibattito i numeri e i dati estrapolati da We want cinema. Sguardi di donne nel cinema italiano (Marsilio, 2018), curato da Laura Buffoni, un libro sulle donne scritto dalle donne, che raccoglie voci di registe, sceneggiatrici, attrici, montatrici, produttrici e che descrive il variegato universo delle professionalità femminili nel mondo del cinema, pubblicato in occasione della scorsa edizione della Mostra del Cinema di Pesaro, festival diretto da Pedro Armocida.
Lo stesso Armocida evidenzia che fin dall’inizio della storia del cinema la percentuale maschile è surclassante rispetto a quella femminile: "Si tratta di dati un po’ brutali, poco significativi ai fini statistici, ma danno un’idea. Nel 2015 c’è una percentuale bassissima di film realizzati da donne in Europa (solo il 21%) e si tratta per lo più di film a basso budget che necessitano di un numero maggiore di piccoli finanziatori. Il dato che emerge riguarda una presunta scarsa 'credibilità' delle donne registe che hanno più difficoltà a trovare i finanziamenti per realizzare i loro film".
La testimonianza di Antonietta De Lillo, regista e produttrice, è esemplificativa a riguardo. Alla domanda di Ferrario sul perché ci siano così poche donne registe, De Lillo risponde: "Per una donna è molto difficile fare il secondo e il terzo film. Il sistema non si fida, non affida loro budget importanti. Anche se il primo è andato bene. Nonostante l’entusiasmo iniziale, il passo ultimo tarda ad arrivare: non abbiamo mai ruoli di responsabilità, non siamo mai al vertice della piramide".
A parte casi isolati come Wonder Woman (2017), film ad altissimo budget, diretto da una regista donna, Patty Jenkins, che è stato premiato dagli incassi, la tendenza generale non sembra cambiare. In Italia su 110 film all’anno, soltanto 6-8 vengono diretti da registe donne.
Secondo Pedro Armocida "la tendenza è stazionaria. Ci sono più donne iscritte alle scuole di cinema, ma poi vengono bloccate, non vanno avanti. Da un punto di vista mediatico forse mancano i grandi nomi del passato, come Wertmüller e Cavani".
Secondo De Lillo si tratta piuttosto di un problema culturale e sistemico, oltre che economico e politico: "Non ci sono più le grandi registe, non perché ci sia una politica contro il genere femminile, ma perché la politica ha, di fatto, contratto tutto. Prima era più semplice ottenere le cose. All’interno dei gruppi, ciò che è diverso risulta penalizzato. La nostra storia è più giovane rispetto a quella degli uomini. Ai vertici dovrebbe esserci una rappresentanza più omogenea rispetto alla società. Le istituzioni economiche dicono che senza donne non c’è crescita, questa cosa ci deve fare riflettere. È un problema culturale, di sistema, economico e politico. All’interno dei gruppi, ciò che è diverso risulta penalizzato. La nostra storia è più giovane rispetto a quella degli uomini. Ai vertici dovrebbe esserci una rappresentanza più omogenea rispetto alla società".
Altre questioni molto delicate toccate nel dibattito sono state: il linguaggio di genere, le possibilità legate all’imprenditoria femminile, il ruolo della donna all’interno delle famiglie e nelle aziende, la presenza femminile nei festival del cinema (come curatrici, ma anche come autrici dei film selezionati).
A riguardo Antonietta De Lillo ha parlato dell’associazione di cui fa parte, la Women in Film, Tv & Media, una rete mondiale di professioniste, che quest’anno hanno sottoscritto un documento di intenti sulla parità di genere con il presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta, e con il Direttore del Festival, Alberto Barbera, finalizzato al raggiungimento della quota “50 e 50” entro il 2020: "Io non voglio essere scelta per il mio genere, ma per la qualità del mio lavoro. Il dialogo con il presidente e il direttore è stato importantissimo. C’è un’intenzione comune, lo scontro è inutile. L’altra cosa significativa è stata la promessa di rivederci tra un anno con dati alla mano per capire effettivamente cosa funziona e cosa non funziona".
Angela D’Arrigo, progettista culturale FEdS, ha infine portato la sua testimonianza di lavoratrice donna all’interno di Fondazione Ente dello Spettacolo: "Il fatto che un’istituzione come la CEI promuova un dibattito sul femminile è una gran cosa. All’interno della Fondazione la parità di genere è rispettatissima. Siamo in tante e lavoriamo insieme, ci sono molte mamme, c’è una sensibilità maggiore".