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No al "sacco delle sale cinematografiche di Roma". Questo l’appello al sindaco di Roma Ignazio Marino fatto da 18 grandi nomi del mondo del cinema, da Ettore Scola a Paolo Sorrentino, da Paolo Virzì a Toni Servillo fino a Bernardo Bertolucci. Come riporta l'Ansa, a divulgare l’appello, con una nota, è il portavoce degli ex occupanti del Cinema America.
I firmatari dell’appello si riferiscono alla memoria sui 42 cinema abbandonati approvata il 20 gennaio dalla giunta capitolina, una memoria che "dovrebbe spingere al fare e non al disfare. Come possiamo accettare che si dichiari alla stampa che questa memoria riaprirà le sale cinematografiche, se non c'è nessuna corsia preferenziale per questo tipo di riattivazione?".
"Né troviamo coerente - si legge nel lungo appello fatto anche agli assessori - prevedere deroghe al piano regolatore per riconvertire oltre il 50% della Superficie Utile Lorda in funzioni diverse da quella culturale e sociale. Cambiare destinazione d’uso significa perdere proprio la destinazione d’uso che si dichiara di difendere, quella appunto sociale e culturale. Motivare questa riconversione con piccole percentuali qualificate di alto valore culturale e sociale per un territorio può causare la scomparsa di più del 70% degli spazi sociali e culturali garantiti dal piano regolatore e quindi portare ad un "Sacco di Roma" per ciò che riguarda questi edifici".
La lettera è sottoscritta dai nomi di: Ettore Scola, Francesca Archibugi, Bernardo Bertolucci, Luca Bigazzi, Francesco Bruni, Ivan Cotroneo, Carlo Degli Esposti, Nicola Giuliano, Ugo Gregoretti, Francesca Marciano, Valerio Mastandrea, Giuliano Montaldo, Gabriele Salvatores, Toni Servillo, Paolo Sorrentino, Paolo e Vittorio Taviani, Daniele Vicari, Paolo Virzì.
"Ancor prima di ogni passo - continuano - occorre portare a termine il censimento indicato dalla Direttiva del Ministro Franceschini concernente la sale cinematografiche di interesse storico, nonché il rapporto di ogni diversa sala con il territorio". "Successivamente saremo pronti a capire insieme, e in maniera partecipata, in quali territori potrà invece essere utile una riconversione, di certo non oltre il 50% e senza alcuna diminuzione di oneri concessori, che potranno anzi essere invece vincolati alla riqualificazione di sale ancora attive o da riattivare, impedendo in futuro gli stessi rischi delle prime", concludono.