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Coronavirus, che festival che fanno?
A oggi l'unica possibilità che il Festival di Cannes e la Mostra di Venezia hanno di conservare lo status quo - leggi: modello novecentesco e standing - è saltare un anno. Credo lo faranno entrambi, seppure per motivi - parzialmente - diversi.
#Cannes2020 a fine giugno – dal 23, si dice - è ovviamente impossibile. L'ostinazione tattica del delegato generale Thierry Fremaux è anche strategica: “Noi ci saremmo stati, con questi titoli, purtroppo non possiamo, etc”. Il tutto verrebbe comunicato nella conferenza stampa a fine maggio.
L'opzione digitale è stata via Variety e Le Monde esplicitamente bocciata da Fremaux: badate, non perché non funzionerebbe, ma perché potrebbe seriamente funzionare, e allora addio modello e carrozzone, con conseguenze nefaste su festival, hotellerie, etc.
Il problema della Mostra non è Cannes, ammesso che il placé attuale regolato dall’organizzazione internazionale dei festival non vada a farsi benedire e - gli piacerebbe e non da oggi - Fremaux non si sposti a settembre, sì, sulla Mostra (rumors al riguardo ci sono).
Il problema di #Venezia2020 in realtà è il Festival di Toronto: ha già aperto a opzione digitale e, se non altro per prossimità, avrà gli americani che mancherebbero forzatamente alla Mostra, e che ne hanno fatto a suon di Oscar il trampolino per l'award season.
Insomma, né per #cannes2020 né per #venezia2020 si profila il win-win, anzi c'è quasi tutto da perdere. Sicché, come finirà la pandemica tenzone tra Croisette e Lido?
A mio avviso il direttore della Mostra Alberto Barbera e il suo omologo francese Thierry Fremaux a fine maggio si metteranno intorno a un tavolo, pardon, telefono e concerteranno il rinvio al 2021 di Venezia e Cannes. In fondo, hanno solo da guadagnarci. Con plauso dei rispettivi sponsor, peraltro.
PS: Dimenticavo, la Festa di Roma: sic stantibus rebus, è probabile per il 2020 il ridimensionamento a manifestazione metropolitana, per un “Auditorium” (Parco della Musica) romano, in attesa di tempi migliori.