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Come nasce un film? Molto spesso da un’idea, da un sogno, da un progetto comune. In altri casi quella rappresentazione visiva di intrecci e personaggi è la “semplice” realizzazione di un “mondo possibile” o di un plot già esistente: un romanzo. Il legame che accomuna i due prodotti culturali, se pur così diversi fra loro, sta diventando sempre più negli ultimi anni un legame forte. Gli esempi e i case history in materia sono innumerevoli e muovono altrettanti dibattiti sulle dinamiche di trasmutazione del testo (del libro), ossia quanto poi quella storia sia la stessa, o quanto il libro consegni soltanto una piccola gemma di ispirazione dando vita a quello che poi è tutto un altro film. Questi i temi trattati in occasione dell’incontro Dalla pagina al grande schermo. Il rapporto tra editoria e cinema, organizzato da ANICA, in collaborazione con Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali del MiBACT e la Biblioteca nazionale centrale di Roma.
Qual è innanzitutto la vera differenza tra un libro e una sceneggiatura? “La voce narrante – spiega Ivano De Matteo (regista e sceneggiatore, I nostri ragazzi) – . La sceneggiatura è un soggettone, l’embrione di un romanzo. Dal libro puoi avere la struttura, per esempio con molti dialoghi, quindi già sceneggiato, oppure può essere descrittivo e quindi che dev’essere sceneggiato”. “Io stesso non riuscirei a scrivere un’intera sceneggiatura – svela De Matteo –. Parto sempre da una base scritta dalla mia compagna che lavora con me, poi vado a fondo sui personaggi, sui dialoghi, immagino cose. La prima stesura può essere fedele al libro, ma già solo leggendo il romanzo noi vediamo il libro e non tutti lo vediamo allo stesso modo”.
In ogni caso quando si passa da libro a film, “stiamo parlando di tradimento – specifica Giancarlo De Cataldo (scrittore e sceneggiatore, Romanzo Criminale ) – bisogna però fare un buon uso del tradimento e soprattutto esserne consapevoli”. Si tratta secondo lo scrittore di una scelta: “quando hai ceduto i diritti e sei coinvolto nel progetto non puoi poi lamentarti perché l’industria cinematografica ha scippato la tua opera”. Resta il dato importante, la letteratura rimane un forte bacino al quale attingere per la creazione di un film.
“In Cattleya – Marco Chimenz, produttore cinematografico – abbiamo un gruppo di ricerca costante che si occupa di cercare nuovi libri. Di quelli che possono interessare acquistiamo i diritti, in genere non per fare un solo film”. Si riconosce così infatti una nuova tendenza nel settore dell’audiovisivo, quella della serializzazione, grazie anche al contributo della letteratura che fornisce più materiali di partenza sui quali lavorare. Esempio è lo stesso Romanzo Criminale, libro che ha aperto la strada a un successo prima cinematografico e poi televisivo con una serie di due stagioni.
Altra questione è quanto un film o qualsiasi prodotto audiovisivo possa o non possa essere coerente con il romanzo da cui proviene. Si tratta di “riproducibilità tecnica dell’immagine – sostiene De Cataldo –, il riutilizzo permette di dare un nuovo significato”. Inoltre, “alcune cose – per De Matteo – vengono comunque modificate già con la sola scelta degli attori”. Bisogna però ricordare che non si tratta sempre e solo di una modifica che tende a far perdere qualcosa al prodotto di partenza. “Il libro – sottolinea Chimenz – può fare pena, ma dentro magari c’è una storia forte. La questione è che da una storia forte può uscire o meno un buon film, da una debole è molto difficile che accada, la differenza la fa la squadra che ci lavora”. E se nella squadra ci sta anche l’autore del libro per De Cataldo “bisogna cedere il proprio ego, deve essere messo da parte perché ognuno dia il proprio contributo”.