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Ethan Hunt potrebbe essere il cavaliere della valle solitaria dei film di spionaggio. Il suo passato è avvolto nel mistero. Di lui si sa solo che è un ex militare venuto da lontano, che non si è mai tirato indietro quando bisognava salvare il mondo da una minaccia incontrollabile: appunto Mission: Impossible. Hunt ha l’aria del bravo ragazzo, si propone come un cowboy moderno, che ha sostituito il mustang con la moto. Non volta mai le spalle al pericolo e ama rischiare la vita, sempre alla ricerca del brivido e dell’adrenalina. A interpretarlo è Tom Cruise, vera anima della saga che dal 1996 sfida il primato dell’inossidabile 007.
Nei ventiquattro film (presto venticinque per la regia di Danny Boyle) di James Bond, si sono dati il cambio ben sei attori: Sean Connery, George Lazenby, Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan e Daniel Craig. Mentre per Mission: Impossible il volto è sempre stato quello di Cruise. Sarà lui la chiave del successo?
Di sicuro il suo atteggiamento da superuomo attrae il pubblico alla ricerca di un entertainment spettacolare, oltre il limite, dove a farla da padrone sono gli effetti speciali e le sequenze pirotecniche. Cruise non utilizza stuntman e si lancia senza paura nella mischia. Per Mission: Impossible – Fallout, il sesto capitolo (nelle sale italiane da mercoledì 29 agosto distribuito da 20th Century Fox), si è rotto una caviglia saltando da un palazzo a un altro. Due mesi di stop, una riabilitazione lampo, ed è tornato sul set, pronto a lanciarsi da un elicottero che sta precipitando sulle montagne norvegesi. L’arma vincente è il sorriso da eterno Top Gun, che regala al suo personaggio un fascino intramontabile, anche se non beve un “Vodka Martini agitato, non mescolato”, e non è al servizio di Sua Maestà.
Come sempre a fare la differenza sono i gadget ipertecnologici e le capacità atletiche, che hanno reso l’agente segreto un’icona dell’immaginario collettivo. Le spie del grande schermo conoscono a memoria ogni tecnica di seduzione (non esiste donna che sappia resistere), padroneggiano tutti gli stili di combattimento e sono addirittura gentiluomini: hanno un’eleganza aristocratica e una vastissima cultura. Che cosa si può volere di più? La fantasia sovrasta la realtà, e per un paio d’ore abbondanti si dimenticano le preoccupazioni del quotidiano.
David W. Griffith lo aveva già capito nel 1918, quando girò The Great Love (il primo film ad avere come protagonista una spia), e la sua visione fu perfezionata da Fritz Lang dieci anni dopo in L’inafferrabile, con un raggio d’azione internazionale, società segrete e antiche cospirazioni. Lo humour sarebbe poi arrivato con Alfred Hitchcock, e l’umanesimo con La spia che venne dal freddo di Martin Ritt, tratto dal grande romanzo di John le Carrè, contraltare di Fleming e del suo James Bond.
Missione Impossibile vide la luce nel 1966, come serie televisiva creata da Bruce Geller. Fu un grande successo, ma entrò in crisi in seguito alla guerra del Vietnam e allo scandalo Watergate.
Per l’America si trattava di un cambio di valori in un periodo complesso da vivere, in cui si inseguiva la libertà culturale e si perdeva la fiducia nelle istituzioni. Nelle ultime due stagioni furono abbandonati gli intrighi internazionali e ci si concentrò sui gangster più famosi a stelle e strisce. La Paramount portò l’avventura al cinema con Brian De Palma dietro la macchina da presa, e fu un successo planetario, incassando quasi cinquecento milioni di dollari.
Il sequel era d’obbligo. Mission: Impossible ha lanciato una tendenza, è diventato un punto di riferimento per i franchise futuri, come quello dello smemorato Jason Bourne di Matt Damon. Ha la capacità di comprendere lo spirito dei tempi, di sapersi aggiornare nel corso dei decenni. Mission: Impossible – Fallout è l’ultimo capitolo di una saga potenzialmente senza fine, con Tom Cruise che a cinquantacinque anni sta vivendo una nuova giovinezza. Imprescindibile? Forse per gli appassionati, ma di sicuro il mitico tema musicale di Lalo Schifrin risuonerà ancora per molto.