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“Tutto quello che vedete è la conseguenza del caos sistemico, di quello che succede nelle guerre e nei conflitti”. Così la regista libanese Nadine Labaki alla presentazione del suo film Cafarnao - Caos e miracoli, che uscirà nelle sale l’11 aprile distribuito in cento copie da Lucky Red.
Vincitore del premio della giuria all’ultimo festival di Cannes questo lungometraggio vede protagonista Zain (Zain Al Rafeea), un bambino di dodici anni che vive in uno dei quartieri più disagiati di Beirut e che ha deciso di ribellarsi al sistema portando in tribunale i suoi stessi genitori, colpevoli di averlo messo al mondo quando non erano in grado di crescerlo in modo adeguato.
“Zain è un po’ un salvatore, è la voce di tutti quei bambini che non hanno voce e non si possono esprimere”, dice la regista che mettendo in scena la battaglia di questo ragazzo maltrattato, i cui genitori non sono stati all’altezza del loro ruolo, si propone di fare una denuncia universale attraverso il candore dei suoi occhi.
Sulla genesi del film racconta: “Sono partita da una sceneggiatura solida e strutturata che è venuta fuori dopo tre anni di ricerche. Non ho vissuto quella privazione e quelle esperienze quindi non volevo che la sceneggiatura fosse basata solo sulle mie idee. Per questo ho parlato molto con tanti bambini, sono andata nei centri detentivi minorili e nelle aule dei tribunali per capire come funziona la giustizia, nelle aree svantaggiate e disagiate cercando di dare voce a queste comunità che non ne hanno alcuna. Ho fatto 520 ore di girato poi ridotte a dodici di montaggio e poi a due. C’è stata anche molta improvvisazione durante le riprese, che sono durate sei mesi, e sono venute fuori tante cose che non avevamo previsto. Non c’è nulla di costruito e razionale e infatti è stato girato con attori non professionisti. Amo il neorealismo, il cinema di Truffaut e quello iraniano”.
Tutti gli interpreti sono infatti attori non professionisti, la cui vita reale somiglia a quella del film. Per il personaggio della mamma di Zain (Kawthar Al Haddad) si è ispirata a una donna che ha sedici figli che vivono nelle stesse condizioni descritte in Cafarnao, una che realmente ha nutrito i propri figli con cubetti di ghiaccio e zucchero. Poi c’è Rahil (Yordanos Shiferaw), che è veramente un’immigrata irregolare e quello che nel film è suo figlio Yonas, il piccolino di un anno, è in realtà una femminuccia di nome Treasure Bankole.
“Il più grande risultato di questo film è che grazie all’Unhcr la piccola Treasure è tornata a vivere in Kenya e Zain, insieme alla sua famiglia, sono stati trasferiti in Norvegia. Ora vanno a scuola e studiano e non sono più in mezzo alla strada. Abbiamo iniziato a cambiare qualcosa, molto poco rispetto alla situazione, ma mi auguro che possa portare ad altro”, dice Nadine Labaki.
La regista Nadine LabakiMa quali controlli possono esserci per denunciare queste situazioni in modo efficace? “E’ una domanda molto difficile e non ho una soluzione - risponde la regista -. Io sono un artista e il mio compito è quello di individuare il problema, esporlo e metterlo in luce. Devo mostrare quale è la situazione, che purtroppo è davvero grave. Ci sono molti problemi economici in un paese come il Libano che ospita un milione e mezzo di rifugiati. Il sistema e gli aiuti umanitari hanno fallito. È un sistema iniquo e ingiusto che non ha raggiunto l’obiettivo perché non è stato equo con tutti. Ho cercato di umanizzare un problema e di non parlarne come di norma viene affrontato ai telegiornali in cui si parla solo di numeri, ma dandogli un volto”.
Dopo Cafarnao non saancora quale sarà il suo prossimo film: “Le idee e gli spunti mi vengono così e poi diventano delle ossessioni. Come artista ho la responsabilità di gettare luce su determinate questioni e il cinema è una delle armi più potenti per dare voce a determinati problemi. Il film ha generato un forte dibattito attirando l’attenzione su questo argomento e credo che sia un passo importante. Deve uscire dai confini dell’ambito cinematografico perché è mia responsabilità cercare di smuovere qualcosa e di cambiare il sistema. Forse sono troppo ingenua, fiduciosa e speranzosa”, conclude Nadine Labaki, che proprio oggi è stata nominata presidente di giuria della sezione Un certain regard del prossimo festival di Cannes (14-25 maggio).