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Non si vede una singola immagine di calcio giocato in Ragazzi di stadio - 40 anni dopo. Un po’ perché né la Juventus né la Federazione hanno dato il permesso a Daniele Segre di entrare negli stadi e un po’ perché la partita, il calcio giocato come evento a gli ultras interessa fino a un certo punto. Il regista riparte dal dittico di documentari sui tifosi di 40 anni fa (Il potere deve essere bianconero e, appunto, Ragazzi di Stadio) per raccontare i gruppi organizzati della tifoseria juventina oggi, come sono cambiati, che valori incarnano.
“40 anni fa - dice Segre che ha presentato il film al Torino Film Fest 2018 - sono partito da una curiosità che avevo a partire da alcune scritte sui muri e attraverso Il potere deve essere bianconero ho raccontato l’Italia attraverso la curva e lo stadio, a partire dalla sinistra estrema. Ciò che allora sembrava poetico oggi è invece rigidamente organizzato e la prospettiva sociale e politica è completamente cambiata, diretta verso l’estrema destra, non solo nello stadio ma anche nel paese”. Il film riprende i Fighters, gruppo di cui quei film raccontavano la nascita, e si concentra poi sui Drughi, il gruppo che occupa il secondo anello della Curva Sud, “il gruppo di tifosi che mi sembrava più adatto al mio film dopo averne conosciuti vari”.
Un lavoro di preparazione e conoscenza durato un anno e mezzo in cui però Segre non ha avuto problema ad approcciarsi agli ultras: “Ho scoperto che a distanza di 40 anni, i miei vecchi film rappresentano un mito nel mondo ultrà e quindi grazie a questo dato ho potuto entrare a parlare con loro, usufruire della loro fiducia”. Una fiducia che ha permesso a Segre di intervistare capi e nuove leve, di indagare i lati oscuri assieme alla genuina passione e al senso di comunità, raccontando attraverso loro l’evoluzione del calcio preda delle “sirene del neo-liberismo”: “Ho visto l’evoluzione economica e sociale sia del fenomeno del tifoso, che da goliardia poetica basata sulla volontà dei singoli è diventato gerarchico e paramilitare nella struttura, sia nello sviluppo dell’idea del calcio e di come questa rispecchi il paese”.
Il film racconta anche tra le righe la violenza e il modo in cui i gruppi ultras la inglobano nella loro ideologia, un argomento d’attualità alla luce degli scontri ripetuti che hanno portato la finale di Copa Libertadores (la più importante coppa sudamericana) a essere più volte spostata: “Credo che l’influenza del tifo nel funzionamento stesso del calcio e delle federazioni sia un fenomeno di lunga data, non una novità. Basti pensare al ruolo offensivo nelle questioni socio-politiche: in Germania gli ultras partecipano a manifestazioni xenofobe rincorrendo e picchiando gli stranieri, in Serbia i tifosi della Stella Rossa di Belgrado hanno compiuto stragi paramilitari. L’eversione sociale fa parte della degenerazione dell’ultras. Ciò che è accaduto in Argentina aumenta la leggenda delle tifoserie in questione: chi si occupa di sicurezza questo dovrebbe saperlo”. Ma Ragazzi di stadio - 40 dopo non è un atto d’accusa né tantomeno un’agiografia: è uno sguardo antropologico sul fatto di costume più rilevante in quasi ogni angolo del mondo: il calcio, anche se non si vede mai, anche se dei giocatori a un ultras non interessa poi tanto.