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“Mi sono ispirata alla storia di una mia amica, a cui dedico Tornare. Ho voluto raccontare di una ricerca del divertimento, anche del piacere. Le ragazze belle che vogliono svagarsi vengono spesso fraintese, le si considera di facili costumi. Ma è sbagliato, la femminilità non deve essere punita, specialmente quando si ha vent’anni”, sostiene la regista Cristina Comencini. Tornare è il film di chiusura della Festa del Cinema di Roma, e sarà distribuito da Vision.
“Tra La bestia nel cuore e Tornare sono passati quattordici anni, mi sembra un’eternità. Lavoro di nuovo con Giovanna Mezzogiorno, e siamo cambiate tanto da allora. È stato come incontrarsi un’altra volta, con tutte le nostre fragilità, sempre legate da un forte sentimento. Adoro condividere il set con lei”, dichiara Comencini. Mezzogiorno è la protagonista: “È stato un progetto difficile, molto complesso. Io e Cristina in questo periodo ci siamo fortificate e indebolite. Siamo andate ancora più in profondità rispetto a La bestia nel cuore, anche se in alcuni passaggi le due vicende possono sembrare simili. Qui i temi sono universali, e mi fanno ricordare anche di quando ero un’adolescente. Ero odiosa, arrogante, non so se vorrei rivedermi. Di sicuro però potrei mettermi in guardia, per evitare alcuni errori”.
La morte di un padre, il funerale, gli spettri di tre decenni prima, questo è Tornare. Tutto nella Napoli degli anni Novanta. Dramma famigliare, viaggio nel tempo. Tre donne in tre momenti diversi della loro esistenza, che confluiscono in un unico personaggio. Con i fantasmi e le violenze sempre vividi nella memoria. “Non esiste il presente, l’epoca più vicina a noi sono gli anni Novanta, quando ancora non c’erano i telefonini. La parte intermedia si svolge nel 1967, poco prima della grande emancipazione. Il mondo era un luogo difficile, ancora antico, opprimente. Ma qui è come se i minuti, le ore, i giorni non esistessero. I ricordi sono frammentati, si mescolano alla realtà. Questo è il film più coraggioso, più libero che ho fatto. Bisogna saper osare per raccontare con originalità quello che abbiamo dentro”, dice Comencini.
Tornare è ambientato in una casa sul mare, in una Napoli deserta. “È la città di mia madre, dove mia sorella è stata molto più di me facendo Gomorra. Ho voluto eliminare l’anima folkloristica per privilegiare il lato intimista. È un posto inquietante e stupendo, sono le due facce della stessa moneta. Per me è una delle protagoniste, come le mie donne. È importante fare un cinema in cui parliamo di noi, e non mi interessano le distinzioni di sesso. Amo tutti i miei personaggi, senza distinzioni. Per esempio mi piacciono anche i western dove le eroine hanno un grembiule e restano sempre in cucina”.
Vincenzo Amato, che interpreta il galante Mark, spiega: “Cristina è una regista che sa molto bene quello che vuole. Sa dirigere i suoi attori anche solo con uno sguardo, la ammiro per questo. La mia vita è cambiata quando sono diventato padre, ho due figlie femmine. Prima ragionavo da maschio, adesso ho imparato a mettermi nei loro panni. È cambiato il punto di vista, adesso non giudico più. Se ripenso a tutte le mie fidanzate, mi chiedo che cosa i loro genitori pensassero di me quando mi portavano a casa. Si sono ribaltati i ruoli”.