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“Non credo nelle cose ragionevoli, ma in quelle irragionevoli. Per questo mi sono incaponito in questo progetto perché tutte le persone con buon senso mi consigliavano di mollare”.
E’ il regista Terry Gilliam a parlare in occasione della presentazione del suo film L'uomo che uccise Don Chisciotte, che uscirà nelle sale il 27 settembre distribuito da M2 Pictures.
Affronta subito il tema della lunghissima genesi del progetto, lavorazione che è durata quasi trent’anni: “Sono un mistico e penso che il film si sia scritto da solo, ma lo scrittore era molto lento - scherza Gilliam -. Lessi il libro nel 1989 e pensai che non era possibile farne un lungometraggio perché l’opera di Cervantes è davvero gigantesca e ricca. La sceneggiatura, che ho scritto insieme a Tony Grisoni, è cambiata molto dall’idea di partenza. Ho deciso che volevo raccontare un uomo che fa il regista e che dirige L’uomo che uccise Don Chisciotte e poi analizzare come un film possa avere un impatto e ripercuotersi sulla vita delle persone che con il successo si trasformano”.
Nella storia, Toby (Adam Driver) è un cinico regista pubblicitario che si ritrova intrappolato nelle bizzarre illusioni di un vecchio calzolaio (Jonathan Pryce) che crede di essere Don Chisciotte. In sostanza, senza volerlo, il piccolo film che aveva girato da giovane ha provocato terribili conseguenze nel vecchio villaggio spagnolo.
“All’inizio Toby prendeva una botta in testa, si trovava nel XVII secolo e realizzava il vero Don Chisciotte. Poi decisi che Toby era un uomo di talento che tradiva se stesso per il denaro, realizzando spot commerciali su cibo spazzatura. E’ un po’ come la storia di Frankenstein. Lui ha creato Don Chisciotte e ha una forte responsabilità perché non si rende conto dell’effetto che i suoi film e le sue creazioni hanno sulla gente. Allo stesso modo tanti cineasti non capiscono quanto sia importante portare le persone a pensare e a riflettere”, spiega Gilliam.
E poi: “Mi interessava il conflitto e la tensione tra il sogno e la fantasia e quello che è reale. Don Chisciotte è il sognatore e il folle, mentre Sancho Panza è la persona radicata nella realtà. Ci sono sempre questi due aspetti. Noi abbiamo girato sempre in esterno e non negli studios - precisamente in Spagna, Portogallo e alle Canarie- proprio per tenerci ancorati al mondo reale”.
“Nel 2000 era un film più ambizioso ed epico, poi pian piano è diventato più intimo e autobiografico”, spiega Nicola Pecorini, il rinomato direttore della fotografia e collaboratore di vecchia data di Gilliam.
Ma, a proposito di personalità, con il passare del tempo il celebre regista di La leggenda del re pescatore, L’esercito delle 12 scimmie, Parnassus e Paura e delirio a Las Vegas si sente più Don Chisciotte o Sancho Panza?
“Ci sono alcune persone che tendono ad essere più come Sancho Panza e invecchiando diventano più rigide e si attengono maggiormente agli schemi. Poi ci sono altre persone che sono più infantili come Don Chisciotte. Noi siamo entrambe le cose. Dipende se nella vita decidi di essere più folle o più noioso. Sta a voi cosa scegliere”.