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“Volevo raccontare la storia di un grande toro dal cuore gentile”. Così il regista Carlos Saldanha parla del suo nuovo film d’animazione targato Blu Sky Studios e distribuito da 20th Century Fox nelle sale statunitensi il 15 dicembre, mentre in quelle italiane a partire dal 21 dicembre.
Ferdinand, noto anche come il toro Ferdinando, è molto buono e soprattutto ha uno spirito pacifista, in sostanza preferisce annusare le margherite piuttosto che dare le cornate. Un giorno però, al festival dei fiori, viene scambiato per un animale pericoloso e viene portato via dalla sua casa. Inizia così un periodo di addestramento alla fine del quale dovrebbe combattere all’interno della corrida contro il torero “El primero".
“Volevo realizzare un film che fosse per tutti e ho cercato quindi di trasmettere un messaggio universale su due cose molto importanti: l’amicizia e la tolleranza”, dice il pluripremiato cineasta brasiliano che ha diretto Robots, Rio e tre dei film dell’Era Glaciale e che ha frequentato una scuola di animazione negli Stati Uniti.
“Fare un film d’animazione è un processo molto lungo, anche se è tutto pronto ci vogliono come minimo quattro anni. Ho fatto il mio primo disegno nel 2010 quando stavo ancora lavorando per Rio. Sono due film molto diversi: lì ero tutto concentrato sui colori con impatto forte per rappresentare il Brasile, qui invece volevo rendere la cultura spagnola con i colori della terra- arancioni, gialli e rossi- come in un dipinto”, prosegue Saldanha che per la prima volta ha girato un film tratto da un libro e non basato su un’idea originale. Il libro in questione è La storia del toro Ferdinando di Munro Leaf del 1936. Una piccola storia illustrata da Robert Lawson di nemmeno cinquanta pagine che conobbe una straordinaria popolarità e che divenne un’icona del pacifismo tanto da essere vietato in Spagna durante la dittatura di Franco. La storia era già stata portata sullo schermo da Walt Disney nel cortometraggio Ferdinand the Bull (Oscar nel 1938).
“Ho amato le sensazioni che ho provato quando ho letto il libro e il messaggio che c’era dentro: il concetto di accettare le persone per quello che sono”, dice il regista che ha potuto adattare liberamente la storia espandendola, anche grazie all’aiuto dello sceneggiatore Jordan Roberts, e inventando nuovi personaggi come i porcospini, la capra coach, il cavallo Klaus e tanti altri tori: “Il messaggio è lo stesso, ma con tanti soggetti, così i punti di vista sono diversi e io volevo proprio allargare questo, cioè le varie interpretazioni”.
“Questo libro è davvero interessante perché è un classico molto popolare negli Stati Uniti e attraversa diverse generazioni. E’ stato proibito perché parla di pacifismo e per il modo in cui le persone hanno reagito alla sua lettura- prosegue il regista- La gente ci vedeva la possibilità di reagire all’oppressione rappresentata dal torero. Si poteva scegliere chi essere e che cosa fare. A seconda della cultura può essere interpretato in modo diverso: in Asia è considerato un libro alla Gandhi, mentre in Spagna e in Italia fu bandito”.
Ma lo farebbe vedere alla Casa Bianca? “Mi auguro che qualcuno abbia letto il libro. Non sarebbe male proiettare questo film alla Casa Bianca, poi ovviamente lo interpreterebbero come vogliono. Io volevo fare un bel film poi se qualcuno ci vede la politica va bene”, risponde il regista che sotto Natale porta in sala un toro speciale che non ha bisogno di ricorrere alla violenza per risolvere i problemi. “Non un film contro la corrida, ma un film il cui protagonista è un toro che non vuole combattere”, conclude il regista.