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“Un arrivo folgorante nel cinema italiano”. Così Michel Ciment parla del lungometraggio d’esordio di Marco Bellocchio, I pugni in tasca, presentato nel 1965 al Festival di Locarno. Nel 50° anniversario della sua uscita, I pugni in tasca torna nelle sale italiane e in DVD (Edizioni Cineteca di Bologna) a partire dal 19 ottobre, nel nuovo restauro realizzato dalla Cineteca di Bologna al laboratorio L’Immagine Ritrovata, con la supervisione di Daniele Ciprì, promosso da Kavac Film con il sostegno di Giorgio Armani.
Dopo l’anteprima in agosto proprio al Festival di Locarno, per festeggiare l’anniversario con il Pardo d’Onore a Marco Bellocchio, I pugni in tasca torna ora a vivere nell’ambito del progetto della Cineteca di Bologna Il Cinema Ritrovato. Al cinema, per la distribuzione dei classici restaurati in sala. Con I pugni in tasca Bellocchio lancia il suo primo grido di rivolta contro ogni istituzione, mette in scena l’autodistruzione d’una famiglia anomala ed esemplare (raccogliendo così a suo modo l’indicazione di Godard, “fare film in modo rivoluzionario, non film sulla rivoluzione”): I pugni in tasca infierisce con rabbia e disperazione contro la famiglia, il cattolicesimo e altre colonne importanti della borghesia italiana.
Selvaggio, sarcastico, molto liberamente autobiografico, girato nelle campagne di Bobbio, porta in scena un eroe antisociale e ribelle. In equilibrio fra adesione e distacco dalla folle lucidità del protagonista, il regista prefigura alcuni umori del Sessantotto e a cinquant’anni di distanza mantiene intatta la propria modernità e carica corrosiva. “Impossibile non vedere nei Pugni in tasca una catarsi – scrive Michel Ciment, curatore del libro che accompagna la nuova edizione in DVD –, un esorcismo del passato recente di Bellocchio. L’ambiguità, la complessità della trama vanno di pari passo con l’eccezionale maturità di uno stile che rifiuta il compiacimento estetico tipico dei giovani per ricercare l’evidenza di una messinscena che rimanda a Buñuel e ai grandi americani con un montaggio secco e una prevalenza accordata al racconto e agli attori”.
I pugni in tasca è imperniato attorno alla figura di Lou Castel: “Volevo raccontare una storia molto personale – racconta lo stesso Bellocchio –, nella quale potessi riconoscermi. Pensai a un tema che aveva attraversato la mia adolescenza, quell’aspetto infelice della vita di famiglia in cui alcuni, soprattutto mio fratello Paolo, distruggevano ogni possibilità di gioia, obbligandomi a nascondermi. In partenza c’era il protagonista, che vuole restare in famiglia e dominarla eliminando i fratelli imperfetti o improduttivi. Poi ho costruito gli altri personaggi, in particolare la madre. Alcune cose venivano dalla mia famiglia, altre erano frutto di fantasia. Sapevo anche di dover realizzare un film piuttosto intimo, perché i soldi erano pochi. All’inizio tentammo di coinvolgere un personaggio assai popolare, Gianni Morandi. Era molto giovane e il produttore Enzo Doria lo conosceva grazie a un amico comune. Pensavamo che avrebbe risolto tutti i nostri problemi. Lesse la sceneggiatura e diede il suo consenso, ma la RCA, sua casa discografica, oppose un netto rifiuto dicendogli che il film gli avrebbe rovinato la carriera. Rimpiange ancora di non averlo fatto. Ricordo anche un provino con Franco Nero. Incontrai Lou Castel per puro caso. Ero alla ricerca di attori al Centro Sperimentale, lo incrociai alla mensa e mi parve interessante. In lui c’era qualcosa che arricchiva il personaggio”.
Arricchita da un libro che raccoglie, tra i molti saggi e un’intervista esclusiva di Michel Ciment a Marco Bellocchio, anche numerosi disegni sello storyboard originale realizzato dal regista, l’edizione in DVD del restauro dei Pugni in tasca presenta inoltre i primi tre lavori realizzati da Bellocchio al Centro Sperimentale di Cinematografia: i cortometraggi La colpa e la pena (1961) e Abbasso il zio (1961) e il mediometraggio Ginepro fatto uomo (1962).