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“Non ci conoscevamo prima, se non per aver fatto separatamente alcuni lavori per la produzione Officina della Comunicazione. Per quanto mi riguarda avevo da qualche tempo maturato l’idea di affrontare la regia ma sentivo la necessità di avere qualcuno al mio fianco,una persona che fosse il mio contraltare sul set. Ho cercato di mettere nel lavoro delicatezza e umiltà”. Così Giorgio Pasotti parla del suo esordio dietro la macchina da presa, Io, Arlecchino, diretto a quattro mani con Matteo Bini, che Microcinema porterà nelle sale – in circa 30 copie – a partire dall’11 giugno.
La storia è quella di Paolo, noto conduttore di un talk show televisivo pomeridiano che viene raggiunto a Roma dalla notizia che il padre Giovanni è stato ricoverato in ospedale in provincia di Bergamo dove abita. Giovanni, oggi anziano attore teatrale e famoso Arlecchino, vuole continuare a recitare con la piccola compagnia che lo segue con devozione. Paolo vola a Bergamo e incontra dopo molto tempo il padre.
Una scena di Io, Arlecchino“La figura di Arlecchino – precisa Matteo Bini – è salita a poco a poco al centro del copione. Il punto determinante è l’idea di un Arlecchino in cerca di se stesso. O meglio di Giovanni e di Paolo (padre e figlio) che prima ritrovano se stessi, la prova d’identità e infine una vita nuova. L’obiettivo è quello di offrire alla maschera uno spazio che apre ad una dimensione universale, collettiva e non individuale. Da una storia locale si arriva ad un respiro universale”.
Roberto Herlitzka, che interpreta Giovanni, ricorda “l’Arlecchino a teatro con Ferruccio Soleri e regia di Giorgio Streheler. Era affascinante e sono stato sorpreso dell’incarico per questo film. Ricordo però che Edmund Kean ha cominciato con Arlecchino e ha finito con Amleto. Così io posso fare il contrario”.
Nel cast del film anche Valeria Bilello e Lunetta Savino. La prima confessa di essersi “spaventata all’inizio per dover entrare nel mondo sconosciuto della commedia dell’arte. La presenza sul set di Eugenio de’ Giorgi, bravo attore e coach mi ha insegnato l’importanza del’imparare e divertirsi”.
Pasotti con il cast del film e il co-regista Matteo Bini (Foto Coccia)Lunetta Savino ricorda invece di aver affrontato una sorta di ritorno alle origini quando frequentava le lezioni di Galante Garrone sulla commedia dell’arte. “Ho fatto la maschera di Pantalone anche per portare un contributo alla costruzione del gruppo amatoriale e far conoscere a tutti le nostre origini. “La commedia dell’arte e Arlecchino in particolare – aggiunge Pasotti – sono poco rappresentati al cinema. Abbiamo cercato di attualizzare quello e tutti gli altri personaggi. Amo Arlecchino, la sua anarchia, il poter dire ciò che vuole”.
Il modello produttivo del film – conclude Elisabetta Sola, produttrice per Officina della Comunicazione – ha permesso di far dialogare in modo efficace soggetti pubblici e imprese private investendo in un progetto finalizzato a promuovere la valorizzazione del territorio, dei suoi luoghi, delle sue tradizioni.