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«È proprio una bella notizia che il Festival di Berlino si farà in presenza. Sì, è una bella sfida ai virus che ci perseguitano. È il cinema che combatte e Berlino è un Festival che non si scoraggia e cerca sempre il nuovo del cinema nel mondo. Buona fortuna allora al Direttore Carlo Chatrian e ai suoi collaboratori. E a tutti noi!» Con queste parole Paolo Taviani accompagna la notizia del suo film Leonora Addio al Festival di Berlino, come unico film italiano in concorso.
Luigi Pirandello muore a Roma il 10 dicembre 1936 e nel suo testamento lascia precise disposizioni:
«Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s'avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui.»
Ma le cose non andarono proprio così….
Leonora Addio racconta la rocambolesca avventura delle ceneri di Pirandello e il movimentato viaggio dell’urna da Roma ad Agrigento, fino alla tribolata sepoltura avvenuta dopo quindici anni dalla morte. E a chiudere il film, l’ultimo racconto di Pirandello scritto venti giorni prima di morire: “Il chiodo” dove il giovane Bastianeddu, strappato in Sicilia dalle braccia della madre e costretto a seguire il padre al di là dell’oceano, non riesce a sanare la ferita che lo spinge a un gesto insensato.
«Il grottesco delle ceneri sballottate dal caso e dalla stupidità umana pare uscito dalla stessa penna di Pirandello: il paradosso, il ridicolo che scivolano nell’assurdo. Come assurdo è il furore tragico di “Il chiodo”, la seconda storia del film ispirata a Pirandello da un fatto di cronaca a Brooklyn: ‘bambina uccisa da un ragazzo italiano’. Qui la verità della cronaca si fonderà con un’altra verità, quella del film». Dichiara Paolo Taviani.
«La vivacità e la capacità di mettersi in gioco di un grande regista come Paolo Taviani, che ha accettato in un momento così incerto di gareggiare con la sua ultima opera, infonde coraggio e speranza per il nostro cinema.
Il suo sentimento e le sue riflessioni riescono a generare un racconto denso di chiaroscuri, di illuminazioni e zone d’ombra come solo i Maestri sanno fare.
Con Paolo Taviani condividiamo dei ricordi indelebili, quando nel 2012 “Cesare deve morire” vinse l’Orso d’Oro fu una gioia grandissima e un motivo di orgoglio essere riusciti a riportare l’attenzione sulla cinematografia italiana, dopo tanti anni di assenza dai palmares del Festival di Berlino.