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“Chinatown di Polanski? Bellissimo pensarci, sono luoghi del cinema, dell'anima, e da questi quartieri labirinto gli esseri umani non escono. Mi affascinava del romanzo di Rea la possibilità di fare un film in un quartiere: non si svolge a Napoli, ma alla Sanità, una enclave che i napoletani conoscono poco”.
Mario Martone torna per la quarta volta, e la seconda in Concorso, a Cannes con Nostalgia, tratto dal libro omonimo di Ermanno Rea. Nel 1995 portò in competizione L'amore molesto, anch’esso con matrice letteraria (Elena Ferrante) - poi nel 1998 Teatro di guerra nella sezione Un Certain Regard e nel 2004 nella sezione Quinzaine des Realisateurs L’odore del sangue – e ventisette anni dopo guarda ancora alla Palma, complici Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva e Tommaso Ragno.
Nell’adattamento, che Medusa porta in sala oggi 25 maggio in 450 copie, Felice Lasco (Favino) torna a Napoli dopo aver vissuto molti anni in Egitto per rivedere l’anziana madre che aveva lasciato all’improvviso quando era ancora ragazzo. Nella sua città si perde tra le pietre delle case e delle chiese del rione Sanità, nelle parole di una lingua che sente estranea, ma che in realtà è la sua: “Per me è stata una esperienza viscerale, emozioni, luogo e tempo in cui mi sono completamente perso. La Sanità – dice Favino - è ammaliatrice, ho scoperto inedite libertà espressive, come Felice ho trovato cose di me”.
Nostalgia - Francesco Di Leva e Pierfrancesco Favino @ Mario SpadaFelice sembra rapito da una strana malìa e irrompono in lui i ricordi di una vita lontana trascorsa con Oreste (Ragno), il migliore amico d’infanzia con il quale condivide un segreto: “Incontro dopo incontro, vita dopo vita, storia dopo storia, abbiamo finito per girare l’ultima scena chiedendoci quale ne era il senso, e non l’abbiamo più trovato. Forse non c’era, forse non c’è. C’è il labirinto, e c’è la nostalgia, che sono il destino di tanti, forse di tutti”, osserva il regista, anche sceneggiatore con Ippolita di Majo.
E rivela assonanze personali con Nostalgia: “Uno fa un film così perché parti di sé risuonano, mia madre che non c’è più, mio padre che era pellicciaio”.
A Favino ha “proposto ‘il tuo film napoletano’, di venire e farsi napoletano. Felice Lasco è personaggio molto atipico, no un eroe, è difficile capirne le motivazioni”, l’attore gli ha risposto trovando “il Sud del mondo dentro di me. La Sanità può essere qualsiasi luogo del mondo, Cairo, l'altrove, e l'altrove è sé stesso”.
Premesso che “non si può continuare a educare a vedere film in un elettrodomestico proprietà, bensì incentivare ad andare in una sala che non ti appartiene: per me il cinema è solo in sala, perché in sala mi abbandono”, Favino spiega il mix linguistico del suo personaggio: “Arabo, italiano, napoletano, deve ritrovarsi e trovare quello che non sapeva più di essere: non è una cadenza, ma una lingua, fatta di silenzi, ritmi, respiri e battito cardiaco”.
La cosceneggiatrice Ippolita di Majo parla di “scarnificazione del romanzo cornucopia di Rea: dovevamo far confluire la bellezza delle sue digressioni nella storia principale, inquadrare il sud del mondo derelitto e potente che troviamo dentro Felice, che ha un maschile molto femminile, una cura che siamo abituati a vedere nelle donne”.
Conclude Di leva, che ritrova Martone dopo aver interpretato Barracano nel Sindaco del rione Sanità: “Ora faccio il parroco, e mi tocca l’altra sponda, il bene”.