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“Questo è un film al quale teniamo tantissimo, nato in maniera differente rispetto ai due precedenti perché più istintuale e realizzato di getto, ma senza per questo rinunciare allo studio e alla precisione: in un certo senso è inconsciamente figlio di quello che stiamo vivendo, perché solleva paure con le quali facciamo i conti tutti i giorni, archetipiche, presenti dentro di noi a prescindere, ma che il dramma della pandemia ha fatto esplodere in maniera deflagrante”.
Fabio D’Innocenzo introduce così America Latina, terzo film scritto e diretto insieme al fratello Damiano, già in concorso all’ultima Mostra di Venezia e ora, dal 13 gennaio, distribuito nelle sale da Vision.
America Latina - da sinistra Damiano e Fabio D'InnocenzoProdotto da Lorenzo Mieli per The Apartment, società del gruppo Fremantle e Vision Distribution, in in co-produzione con Le Pacte e in collaborazione con Sky, il film è interpretato da Elio Germano (nuovamente diretto dai fratelli D’Innocenzo dopo Favolacce): è Massimo Sisti, dentista affermato che vive a Latina. Professionale, gentile, pacato, ha conquistato tutto ciò che poteva desiderare: una villa immersa nella quiete e una famiglia che ama. La moglie Alessandra (Astrid Casali) e le figlie Laura e Ilenia (Carlotta Gamba e Federica Pala) sono la sua ragione di vita, la sua felicità, la ricompensa a un’esistenza improntata all’abnegazione e alla correttezza. È in questa primavera imperturbabile e calma che irrompe l’imprevedibile: un giorno come un altro Massimo scende in cantina e l’assurdo si impossessa della sua vita.
“Questo è un personaggio che restituisce la storia di una ferita. Una ferita che si allarga, specchio di una vulnerabilità che è terribilmente umana. Perché l’invulnerabilità è l’antiumano”, dice Elio Germano, che aggiunge: "L’ossessione del maschio per dominare nasce da uno scarto, da un’inferiorità rispetto alla donna, l’uomo è distaccato dalla natura, se ne scosta per non rientrarci mai. Anche l’esigenza di dominare nasce dal possesso, dagli averi, colpa della società turbo-capitalista in cui viviamo. Quello che a me spiace è vedere ultimamente un certo femminismo che diventa un’imitazione dei peggiori modelli maschili: inseguire il successo a scapito di tutto e tutti. Vorrei che questi valori non appartengano più all’umanità, che non prevalga il bene dell’uno sull’altro, ma che prevalga una forma di bene collettivo. E spero che il prossimo Presidente della Repubblica sia una donna".
Elio Germano in America LatinaInizialmente previsto a fine novembre 2021, America Latina troverà finalmente il grande schermo della sala cinematografica, nonostante il periodo di grande incertezza che stiamo vivendo: “Non credo che il pubblico possa rifiutare una storia disturbante perché ci troviamo in un momento di paura, lo troverei abbastanza deludente se fosse”, dice Damiano D’Innocenzo, che dal punto di vista personale confida: “Paura e vita vanno sottobraccio, ma non abdico alla mia voglia di analizzare questa vulnerabilità. Non è un esercizio doloroso perché so che fa parte della mia vita, mi interessa capirla con precisione e provare ad analizzarla attraverso racconti audiovisivi".
Sul momento storico aggiunge: "Sono sincero, cerco di bendarmi quanto più possibile perché altrimenti ti dovresti fermare e non fare più nulla fino a che questa maledetta pandemia non sarà finita. Mi chiudo invece ogni giorno 2-3 ore e cerco di isolarmi, disegno, scrivo. Con Fabio ci rifugiamo per provare a scordarci di tutto questo. Ma dal panorama attuale della realtà è impossibile cogliere cose utili in termini di creazione, diciamo che anziché prendere le pillole mi metto a scrivere. Mi chiudo nei miei dilemmi, nei miei calvari”.
Ma quale sarà la risposta del pubblico al film? “Da produttore penso che ogni volta che si dica ‘questo è un periodo duro, la gente ha voglia di ridere’ credo sia una stupidaggine. Quando l’Italia usciva dalla guerra c’era il neorealismo e anche lì c’era poco da ridere come momento storico. Certo, nessuno poteva immaginare la nuova situazione in cui ci troviamo. Ma preferiamo non rinunciare all’uscita, perché la risposta alla paura è quella che stiamo provando a dare un po’ tutti, ricominciare a vivere consapevoli del rischio e nel pieno rispetto della sicurezza”, dice Lorenzo Mieli, al quale fa eco Massimiliano Orfei di Vision Distribution: “Il nostro mestiere ha una complessità che non si risolve nell’andare a raccogliere quella che dovrebbe essere l’aspettativa del pubblico in un particolare momento storico. Dobbiamo crederci fino in fondo, il momento è davvero complicato, il rischio è quello di assistere al collasso di un’industria. Non possiamo permetterci però di aspettare, di rinviare, aspettare che cosa poi?”.
Tornando all’essenza del film, Fabio D’Innocenzo – che nei giorni scorsi è stato protagonista di una baruffa social con un utente su Instagram, scusandosi poi per i termini utilizzati in un post successivo – non crede esista “un momento giusto o sbagliato per assistere a opere come questa, perché i film densi di significato, perturbarti, riescono a portarci in dimensioni altre e a farci dialogare con noi stessi”.
Nello specifico, America latina “passa dall’essere un thriller, poi una sorta di indagine antropologica e umana, con momenti horror: la famiglia è ancora una volta al centro della nostra narrazione perché molte volte è lì che si vanno a creare i conflitti. Qui la famiglia è fondata sull’amore, sentimento in grado di generare la soluzione a quelle problematiche che arrivano dalla famiglia stessa. Nei nostri tre film al centro ci sono i rapporti di sangue, è il nostro modo di guardare il mondo, le storie personali sono quelle che alla fine arrivano alla maggioranza della gente. Come andrà il film ce lo dirà lo sguardo degli spettatori”, aggiunge Fabio D’Innocenzo.
Elio Germano in America LatinaChe insieme al fratello gemello è in dirittura d’arrivo con la serie per Sky (Dostoevskij) e già opzionato per il prossimo film prodotto da The Apartment: “I D’Innocenzo lavorano sul testo tantissime volte, rielaborandolo di continuo, una stratificazione infinita che poi si riversa anche nel montaggio – dice ancora Lorenzo Mieli –. Non è il piccolo o il grande schermo che determinano il cinema, certo ci sono opere destinate solamente a uno o all’altro, ma nel mio piccolo cerco di lavorare con quelli che considero registi a 360°, persone che hanno un modo di dire le cose che mi fa sentire diverso dopo aver visto un loro lavoro, a prescindere dal piccolo o dal grande schermo. È chiaro che l’impatto del grande schermo è differente ma cerco autori che mi facciano percepire la realtà in maniera diversa”.
Nel caso di America Latina, film che costringe tanto il protagonista quanto lo spettatore ad avventurarsi nel sottoscala della propria coscienza, tale "percezione" si respirava con forza durante la riprese del film: “Quando si lavora così, con Fabio e Damiano, si compie un viaggio appassionante – assicura Elio Germano –. Perché si procede non in termini dimostrativi ma in cerca di qualcosa. Non si va sul set per compiere banalmente la performance: il cinema può essere tantissime cose, ma un viaggio introspettivo di questo tipo per un film è molto difficile da trovare abitualmente. E il risultato del lavoro è frutto di un’esperienza collettiva, che coinvolge l’intera troupe”.