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“Due anni fa mi hanno proposto questa sceneggiatura, molto bella fin dall’inizio. All’epoca il problema delle molestie, in questo caso sul lavoro, non era sugli scudi come oggi. Non si trattava di una denuncia militante, ma indagava un animo femminile molto temerario. Le donne sono raccontate nella loro fragilità, vittime dei comportamenti degli altri”. Così il regista Marco Tullio Giordana presenta Nome di donna, che uscirà nelle sale italiane giovedì 8 marzo, distribuito da Videa in circa duecento copie.
Il film racconta la storia di Nina, una donna coraggiosa, disposta ad affrontare le ritorsioni di chi dovrebbe supportarla e la solitudine, per difendere la propria dignità. È appena iniziata l’estate, e lei ottiene un lavoro a tempo determinato presso un’esclusiva residenza per anziani. Si trasferisce quindi con la figlia Caterina da Milano a Barrata, un paesino nella compagna lombarda. Viene accolta con simpatia dalle colleghe, una trentina di donne per lo più straniere, molto unite e solidali fra loro.
Ma presto Nina scopre qual è il collante alla base di quella comunità così eterogenea: il silenzio, per la paura di restare disoccupate. Il responsabile della struttura Marco Maria Torri, con conoscenze altolocate, chiede sesso in cambio di favori. Lei si oppone e si rivolge ai sindacati e alla polizia.
Cristiana Capotondi, che interpreta Nina, spiega: “Dobbiamo fare pulizia all’interno del mondo del lavoro. Il mio personaggio vorrebbe solo fare il suo dovere, immergersi in una sostituzione estiva che potrebbe portarla a un contratto più duraturo. Deve mantenere la figlia, restando indipendente dal compagno. La sua è una storia folle, ma tristemente reale”.
Nome di donna è stato scritto da Cristiana Mainardi e Marco Tullio Giordana. “La crisi economica ha spinto il mondo verso nuove fragilità. È questo che porta le vittime a non denunciare. L’Istat, con uno studio di due anni fa, ci diceva che un milione e mezzo di donne è vittima di abusi sul posto di lavoro. L’indifferenza era troppa, dovevo parlare attraverso il cinema”, aggiunge Mainardi.
Stefano Scandaletti, il compagno di Capotondi nel film, si stupisce “che nel 2018 nessuno abbia mai raccontato questa piaga della nostra società”. Interviene Mainardi: “Non si parla di violenza carnale, ma di qualcosa di più sottile. È un sopruso che distrugge nel profondo, in un luogo in cui dovremmo sentirci tutelati”. Michela Cescon, l’avvocato difensore di Nina, sottolinea “l’importanza di incontrare un’altra donna forte, specialmente dopo aver subito soprusi”.
Conclude Cristiana Capotondi: “In questo momento storico così importante, bisogna ancora definire quali sono i confini, i perimetri. I nostri leader devono essere persone autentiche, e il potere devono meritarselo”.