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“Io sono arrivato dopo, il film nasce dal desiderio di Juliette Binoche”. Il celebre scrittore Emmanuel Carrère presenta il suo terzo passaggio dietro la macchina da presa, Ouistreham (titolo internazionale: Between Two Worlds), che inaugura oggi la Quinzaine des Réalisateurs a Cannes e verrà distribuito in Italia a inizio 2022 da Teodora Film.
Tratto dal famoso romanzo-inchiesta della giornalista Florence Aubenas, protagonista è appunto una scrittrice (Binoche) "infiltrata" per mesi tra le donne delle pulizie del ferryboat che attraversa la Manica, costrette spesso a lavorare in condizioni disumane e al di fuori di ogni regola.


“L’adattamento del libro risale a dieci anni fa, tanti volevano farlo, ma Juliette ha avuto un’arma in più: anno dopo anno, invitava Florence a cena perché si decidesse a cedere i diritti, e una volta ha menzionato il mio nome. È andata così, da parte mia non avevo mai pensato di trasporlo, è nato dal desiderio di Juliette e poi è venuto grazie al cast”.
Un cast di attrici e attori non professionisti, alcuni dei quali contemplati nel libro, altri aggiunti dallo scrittore: se Hélène Lambert che interpreta Christèle loda la Binoche, “Juliette è venuta a nostro livello e s’è adattata, abbiamo fatto il film grazie a lei”, Carrère parla di “film di finzione, con una costruzione romanzesca e drammatica: non è un documentario, ho aggiunto il personaggio di Christèle, per introdurre l’amicizia profonda ma ambigua che le riserva la protagonista”.
Alla terza prova registica, dopo il film L'amore sospetto (2005) e il doc Retour à Kotelnitch (2003), lo scrittore qui fa “una miscela di finzione e documentarismo, con attori non pro: avevo paura, ma vedere il loro lavoro mi ha dato fiducia”.


Sul rapporto con la Aubenas, confessa, “Florence ha una posizione ancora più radicale della mia con i miei romanzi: non ho avuto nessuna interazione con lei, ‘è il vostro lavoro non più il mio’. Ci ha dato la benedizione, ma anche detto: ‘affari vostri’”. Carrère ritiene che Aubenas sia “un’autrice rimarchevole che insiste a definirsi giornalista, e qui sta la differenza tra noi: lei si tiene libera, io invece lavoro sulle emozioni, e m i proietto nei personaggi”.
Infine, la scena più difficile, quella sul ferry boat: “Molto acrobatica, eravamo tutti esausti: non avevamo a disposizione l’intero traghetto, solo un’ala, ed è stato estenuante”.