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(Cinematografo.it/Adnkronos) - "Esserci o non esserci", questo è il problema. Si potrebbe parafrasare l'Amleto di Shakespeare per sintetizzare il dilemma che affligge Martino Piccione, il protagonista dell'esilarante commedia Chi m'ha visto, interpretato da Giuseppe Fiorello, che con questo film, nelle sale dal 28 settembre in 250 copie, esordisce anche come produttore cinematografico. "Visto che il cinema mi chiama poco, perché c'è ancora una sorta di snobismo nei confronti di chi, come me, ha fatto soprattutto fiction televisiva, ho deciso di autoprodurmi. Anche per smuovere le acque. In America anche Robert De Niro fa film comici. Qui abbiamo troppi steccati", spiega Fiorello, che ha ottenuto poi anche il sostegno produttivo di Rai Cinema, di Rodeo Drive e della Rosa Production del fratello Rosario.
"Viviamo in un'epoca - sottolinea Giuseppe Fiorello - in cui tutti vogliono esserci. Sembra che se durante la giornata non 'posti' qualcosa sui social network, quasi tu non l'abbia vissuta quella giornata. Ma non volevo lanciare un messaggio. Il film nasce da una storia vera, quella di Martino De Cesare, che è davvero un musicista e mi ha proposto l'embrione del soggetto di questa storia. Chiaramente però la parte della sparizione lui ha solo immaginato di attuarla, dopo aver visto che la madre seguiva con grande trasporto in tv le storie di alcuni scomparsi. Si è chiesto: ma davvero per attirare l'attenzione potrei sparire? Così abbiamo deciso di sviluppare questa storia, con l'intento di trattare sì questo tema ma soprattutto di far divertire il pubblico", spiega Beppe Fiorello.
Il film segna anche la prima collaborazione tra Beppe Fiorello e Pierfrancesco Favino in un film: "Quando ho proposto il copione a Pierfrancesco temevo mi dicesse di no, perché so che è molto impegnato. Invece, l'ha letto, mi ha detto che si era divertito da morire e mi avvertito: 'Io lo faccio, ma lo faccio fino in fondo. Mi voglio buttare, lasciarmi andare, visto che non mi fanno mai fare film comici'. E infatti si è divertito, ha improvvisato. E sul set si è creata una sintonia incredibile". "È nata una grande chimica naturale, anche sull'improvvisazione. È stato divertente e liberatorio. È la prima volta che ho un ruolo comico vero, con le battute, con la chiusa esilarante", dice Favino.
È nata una coppia cinematografica? "No, per carità, io mi spavento solo all'idea. Non amo ingabbiarmi. Se uno fa una cosa che riesce bene non deve cavalcarla troppo. Devi sempre scappare dal successo", sorride Beppe Fiorello, che attualmente sta lavorando ad una fiction sulla storia di Domenico Lucano, il sindaco di Riace che si è guadagnato il 40esimo posto nella classifica delle persone più influenti al mondo della rivista Fortune per il modello di accoglienza di immigrati e profughi che ha messo in campo, all'insegna di un'integrazione sostanziale.
Accantonati i rumors su una sua conduzione sanremese ("la verità è che solo lo scorso anno ci fu un pour parler ma in questo progetto con Baglioni non sono mai stato coinvolto: però il festival, magari tra qualche anno, mi piacerebbe farlo almeno una volta", confessa) Fiorello parla anche del potere della tv, che nel film ha un ruolo sostanziale: "C'è poco da fare, anche con l'avvento del web, la tv rimane centrale. Se vuoi essere famoso, prima o poi devi passare per la tv per essere consacrato". E a consacrare la fama di Martino Piccione nel film ci pensa Simonetta Sabelli De Santis, conduttrice-pantera della trasmissione 'Scomparsi', interpretata da Sabrina Impacciatore: "Gli sceneggiatori all'inizio -racconta l'alttrice - pensavano al modello Sciarelli, ma io avevo troppo rispetto per la sua figura eroica da servizio pubblico per farne la parodia. Per cui ho fatto una controproposta: una figura femminile che fosse la sintesi del femminile che regna sovrano nella tv italiana e quindi sessualmente appetibile anche se parla di morti ammazzati, una donna che non può invecchiare, condannata ad essere sempre sexy. E che per affrontare tutto questo, nella mia parodia, si consola con l'alcol".
Girato in quattro settimane e mezzo nel centro storico di Ginosa, tutto in dialetto tarantino, il film ha messo alla prova anche dal punto linguistico i due attori anche se Favino era avvantaggiato dalla sue origini pugliesi: "Io mi sono affidato all'imitazione degli abitanti di Ginosa e mi sono fatto guidare da Pierfrancesco", ammette Fiorello. "É una cultura che conosce bene - dice Favino - e in Peppino ci ho messo caratteristiche di almeno quattro miei amici d'infanzia di quelle parti".
Un film in cui si sono prestati a giocare una quantità di nomi della musica italiana (che lanciano appelli a Martino perché torni). Una collaborazione tra il mondo del cinema e quello della musica mai vista prima: da Jovanotti a Elisa, da Gianni Morandi ad Emma Marrone, da Giuliano Sangiorgi a Gigi D'Alessio, in tantissimi hanno aderito al progetto. "Dopo 'Baaria' forse è il film che ha più camei nella storia del cinema italiano - ride Beppe Fiorello - scherzi a parte, hanno aderito tutti immediatamente e si sono anche divertiti a 'recitare' il loro appello".
La regia del film è stata affidata ad Alessandro Pondi, che ha già diretto diverse fiction e sceneggiato numerosi film ma è alla sua opera prima per il cinema: "È stata una mia scelta - spiega Giuseppe Fiorello - perché Alessandro era un po' il Martino Piccione del cinema. Ha fatto molte sceneggiature e sognava il suo film. Così ho pensato: quale migliore occasione di questa?". "Siamo nell'era dei like, dei follower, dell'esserci a tutti i costi - spiega il regista - e questa voglia di apparire ha progressivamente ribaltato le regole del gioco: se prima il successo di un artista era direttamente proporzionale al suo talento, oggi, troppo spesso, il successo è fortemente correlato alla sovraesposizione e alla capacità di far veicolare la propria immagine sui media. In definitiva, con questo film abbiamo voluto raccontare proprio questo, una storia sul grande inganno dei media e sulla ricerca del successo da parte di chi ha davvero talento, ma non ha la forza e la caparbietà di sgomitare ed imporsi per arrivare in prima fila. E allora, in un mondo dove è importante esserci, quindi apparire, anche il non esserci, dunque sparire, diventa improvvisamente una valida alternativa per accendere un riflettore su di sé e far sentire al mondo intero di cosa si è realmente capaci".