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La buona uscita
“Ho voluto dare spazio ad una Napoli borghese, accattivante e intrigante. Avevo appena finito di scrivere un altro copione, che non mi soddisfaceva, quando mi sono detto che era il momento di dedicarmi ad una commedia. Ma non nella solita ottica. Per cui ho virato sul tema della solitudine, della paura della libertà, con il mare a fare da sfondo, guardiano e custode.” E’ l’inizio de La buona uscita, diretto dal napoletano Enrico Iannaccone, che qui esordisce nel lungometraggio dopo aver diretto tra il 2012 e il 2014 cinque cortometraggi premiati in festival nazionali e internazionali. In particolare L’esecuzione ha vinto il David di Donatello 2013 per il miglior corto. Ci sono al centro della storia due fratelli, Marco e Andrea Macaluso, che hanno fatto fortuna con il commercio di pelli, e ora sono diventati spregiudicati imprenditori. Tra loro si muove Lucrezia Sembiante, una professoressa sui 60 anni, che deve fare i conti con il passare del tempo e la propria esuberanza.
“Nella regia – dice Iannaccone – ho inserito alcuni richiami cinematografici, la mia preferenza va in questo momento ad Haneke, poi ci sono Antonioni e Pasolini. In una storia come questa, che si volge sul confine tra legalità e fuorilegge, Napoli città è senz’altro connivente ma senza metterci una lettura sociologica. Sono molto legato alla mia città, anche se non ci vivo più. L’idea di teatralità è centrale nella messa in scena dove ho usato un montaggio rapido campo/controcampo che annulla i tempi morti”.
Gea Martire è Lucrezia, la donna che cerca di giocare con i due fratelli, pronta a subire imprevedibili conseguenze. “Il personaggio –dice – è quello di una donna che si dichiara ed è libera, che viene giudicata ma se ne frega, si smarrisce di fronte al passare degli anni e poi è anche tentata dal desiderio di vendetta”. Marco Cavalli è Marco Macaluso: “E’ un personaggio stucchevole che ha il gusto di presentarsi così, per mettere in mostra la propria cattiveria intellettuale”.
A precisa domanda, Iannaccone risponde che il titolo del film fa riferimento al fatto che tutti i protagonisti monetizzano dalle vicende qualcosa che diventa una buona uscita. Inoltre precisa che, in mezzo a tante location inedite per Napoli, una che va citata è il cortile di un palazzo, che è quello dove Vittorio De Sica si mette a giocare a carte con il bambino ne L’oro di Napoli. “Si tratta – precisa il regista – di una commedia grottesco amarognola, che ho definito ‘un capitale umano in salsa napoletana”. Distribuito da Microcinema, il film esce a Napoli in due schermi dal 5 maggio, e poi in tutte le città capozona, puntando sul passaparola.