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“Ho scritto la sceneggiatura dieci anni fa. Volevo continuare a lavorare in questo mondo, anche se non ero più molto famoso, così ho pensato fin dall’inizio di interpretare Oscar Wilde. Non è stato facile trovare i soldi, ma alla fine ci siamo riusciti. In questa storia ho messo tutto me stesso”. Rupert Everett presenta The Happy Prince, di cui è anche il regista. Il film uscirà nelle sale italiane giovedì 12 aprile distribuito da Vision Distribution.
“Spesso ci si dimentica che Wilde non era inglese, ma veniva dall’Irlanda. Era uno straniero a Londra. Aveva un animo molto snob, e per lui è stato eccezionale riuscire ad avere una storia d’amore addirittura con un lord. Da un punto di vista politico ha esagerato con i toni, andando addirittura in tribunale. La società non lo ha accettato, condannandolo. Wilde pensava che il mondo fosse ai suoi piedi, e con questo atteggiamento ha costruito la sua fine”, aggiunge Everett.
The Happy Prince non è un classico biopic. Racconta della disgrazia del grande scrittore, dopo aver passato due anni ai lavori forzati per omosessualità. Il travaglio interiore si fonde con i ricordi e con un passato che non tornerà più. “Il mondo del cinema è stato, e per certi versi lo è ancora, aggressivamente eterosessuale. Se preferisci gli uomini, prima o poi dovrai scontrarti contro i pregiudizi delle persone. Wilde mi ha ispirato, ho seguito le sue orme, per farmi forza quando a Londra si rischiava ancora la prigione per aver scelto la sponda sbagliata”.
Dal grande schermo si passa anche alla politica. “The Happy Prince è la vicenda di un uomo distrutto dal pensiero comune. Gli omosessuali vengono perseguitati ancora oggi in Russia, in Jamaica e purtroppo anche a casa nostra, con l’Ukip in Gran Bretagna e l’avvento della Lega in Italia. L’omofobia è sempre più diffusa. Un esempio è la città di Genova, che ha tolto il suo sostegno al Gay pride. Sono molto preoccupato, dobbiamo essere vigili e attivi”.
Everett non nasconde una grande passione per Luchino Visconti. “Morte a Venezia lo trovo straordinario, è uno dei film che preferisco. Amo Visconti. Il mio viaggio nel cinema italiano è iniziato con il suo assistente: Zeffirelli. A scuola mi avevano fatto vedere alcune delle sue opere più commerciali, ma aveva un grande gusto estetico. C’era una grande attenzione per i costumi e le scenografie. Per rimanere in Europa, ho un grande rispetto per i fratelli Dardenne, che con la macchina da presa sono dei maestri”.
In questo momento Rupert Everett sta girando un adattamento de Il nome della rosa a Cinecittà. “Qui faccio la parte di uno spietato inquisitore, molto diverso da Oscar Wilde. A unirli c’è una diversa percezione della religione. A modo suo Wilde era cattolico, e nella pena, nel patimento, vedeva una discesa agli inferi che si sarebbe conclusa con una sorta di rinascita”.