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“Vogliamo dare voce, e potere, a chi non ce l’ha, come tante donne ancora oggi nel mondo”. Parola della sceneggiatrice Abi Morgan, a Torino con la regista Sarah Gavron e la produttrice Faye Ward, per Suffragette, film d’apertura del 33° TFF.
Targato Cinema e distribuito da BIM prossimamente nelle sale italiane, il film che prima di Torino ha aperto il London Film Festival ci riporta nell’Inghilterra di inizio ‘900, dove monta la ribellione delle donne per la disparità di trattamento rispetto agli uomini e la negazione del diritto di voto: al movimento femminista delle suffragette guidato da Emily Pankhurst (Meryl Streep) finisce per unirsi Maud (Carey Mulligan), moglie, madre e lavoratrice sin dalla più tenera età in un lavatoio.
Nel cast anche Helena Bonham Carter, Brendan Gleeson, Anne-Marie Duff e Ben Whishaw, Suffragette fa la scelta, dice la regista Sarah Gavron, di “rappresentare donne lavoratrici per creare un legame tra la situazione di 100 anni fa e quella delle donne oggi: non ci sono al centro icone come Pankhurts, perché non è un biopic, per noi era importante cogliere la contemporaneità e l’attualità della lotta contro la disparità salariale, la violenza sessuale che ancora oggi le donne subiscono in tanti Paesi del mondo”.
Aggiunge Abi Morgan, già sceneggiatrice del biopic sulla Thatcher The Iron Lady: “Il movimento della suffragette è durato 50 anni, di cui i primi 40 di lotta pacifica per ottenere il suffragio universale, qui però ci concentriamo su 16 mesi cruciali, quelli più significativi della lotta, introducendo il personaggio di finzione di Maud per riassumere l’atteggiamento di chi passa da osservatrice passiva a militante e indagando sulle sue motivazioni”. Pertanto, afferma la produttrice Faye Ward, “vogliamo invitare tutte le donne a diventare quel che sentono di essere: questo è il primo film realizzato sulle suffragette, vogliamo dare voce a chi non ce l’ha”.
Precisa Abi Morgan, “la scelta di inquadrare donne che lavorano, viene dal fatto che non hanno ritratto al cinema, non le conosciamo, perché le loro storie non meritano di essere raccontate. Noi possiamo identificarci nei soprusi della loro epoca, guardando agli stupri di gruppo in India, le violenze e i sequestri di Boko Haram, il traffico di donne in UK. Su indicazione della regista, qui ho messo a tacere la mia vena hollywoodiana, non ci sono dettagli della vita privata di Maud, del figlio, perché era più incisivo chiudere con quei cartelli, con l’iscrizione delle donne nelle liste elettorali (comunali) in Arabia Saudita nel 2015, sebbene il loro voto rimanga influenzato dalla figura maschile, perché devono essere accompagnate ai seggi da un uomo”.
Conclude Sarah Gavron: “Siamo rimaste davvero soddisfatte quando delle giovani spettatrici britanniche ci han detto che d’ora in poi non rinunceranno più ad andare a votare. Anche nel Regno Unito c’è un problema di rappresentatività femminile, solo il 22% cariche pubbliche è delle donne, il volto della povertà è femmina”.