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Hannah
"È un giallo esistenziale, un film psicologico, che esplora il dramma interiore di una donna prigioniera delle sue scelte. Ho girato il film a Bruxelles, una città dalle mille culture, dove si parlano molte lingue. Il grigiore della capitale belga è perfetto per la nostra storia“. Con queste parole, Andrea Pallaoro presenta Hannah nell’incontro col pubblico del Cinema Trevi, nell’ambito del Tertio Millennnio Film Fest. Il film era già stato in Concorso alla 74a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, dove la protagonista Charlotte Rampling ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile.
Al centro di Hannah troviamo la progressiva disgregazione della vita di una donna, che viene sopraffatta dal mondo che la circonda. Lei non è più giovane e, dopo l’arresto del marito, si aggrappa alla speranza della sua innocenza, per poi confrontarsi con la dura realtà. Il crollo è inesorabile, intorno a lei si estende il deserto, anche il figlio la allontana e addirittura il cane smette di mangiare. Pallaoro affronta il tema della fragilità dell’essere umano, posando lo sguardo sul momento in cui la vita ci mette a confronto con noi stessi, con le pressioni sociali e con le relazioni che si dissolvono. La vita sembra arenarsi sulla spiaggia, proprio come il capodoglio che Hannah vede abbandonato sull’arenile di Ostenda.
“Ho sempre voluto girare un film con Charlotte Rampling. Quando l’ho vista sul grande schermo per la prima volta avevo quindici anni, e mi sono subito innamorato. Dovevo fare un film con lei, così ho scritto questa sceneggiatura e gliel’ho inviata. Mi ha risposto dopo soli tre giorni, sono volato a Parigi da lei ed è iniziata questa avventura. Adesso siamo amici, e tra di noi c’è un grande rapporto”, racconta Pallaoro.
Come spiega il presentatore Federico Pontiggia, questo è un film palindromo, che può essere visto da entrambi i lati. “Ho voluto lasciare lo spettatore libero. Ha il diritto di arrivare alle proprie conclusioni, senza inutili suggerimenti da parte del regista. Io aspiro a una sorta di catarsi. La platea deve immedesimarsi e sentirsi indipendente. Già dal titolo si può capire che non voglio dare risposte”, aggiunge il regista.