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“Credo che Ennio Morricone non abbia mai preso coscienza fino in fondo della sua grandezza. Era un uomo insieme semplicissimo e fuori dall’ordinario: scriveva ed amava profondamente la musica”. Giuseppe Tornatore porta fuori concorso a Venezia 78 Ennio, il documentario che ha dedicato a Morricone, collaboratore e amico di lungo corso.
Con Lucky Red in sala a novembre e poi su TimVision, è un ritratto a tutto tondo di Morricone, musicista conosciuto e amato in tutto il mondo, tra i più influenti e prolifici del Novecento, due volte Premio Oscar, autore di oltre 500 colonne sonore indimenticabili. Il documentario lo racconta attraverso una lunga intervista di Giuseppe Tornatore al Maestro, testimonianze di artisti e registi - come Bertolucci, Montaldo, Bellocchio, Argento, i Taviani, Verdone, Barry Levinson, Roland Joffè, Oliver Stone, Quentin Tarantino, Bruce Springsteen, Nicola Piovani, Hans Zimmer e Pat Metheny - musiche e immagini d’archivio.
“Ho cercato una distribuzione informativa ed emotiva dei vari interventi per rispondere a uno schema musicale, o più chiaramente al brano musicale affrontato dal film: il concetto espresso da una persona richiedeva pochi secondi o distensione a seconda della musica. Il montaggio ha assunto una partitura musicale, una griglia di narrazione: è la logica che mi sono imposto. Mi sono trovato con tanti materiali e ho dovuto trasformarli in altra cosa, come Ennio faceva con le note”, osserva Tornatore.
Lo conosceva bene Morricone, è stato al suo fianco per trent’anni, eppure qualche sorpresa la ha avuta anche il regista: “Quando ho incrociato la sua testimonianza con le altre sono rimasto colpito dall’esatta convergenza, non è mai accaduto ci fosse una discrepanza o una smentita”.
Quello che emerge, oltre il musicista, è “l’uomo Ennio: nelle interviste con i giornalisti si irrigidiva, non era a proprio agio, viceversa, qui ha potuto respirare, e si sente molto la sua trasparenza, se stesso e i suoi pensieri”.
Un’altra cosa che Tornatore ha realizzato è che “non solo Ennio lo si ascolterà sempre, ma si continuerà a studiare, sebbene nessuno saprà risalire alla sua opera omnia: molte cose sono andate perdute, tantissime sue composizioni per la radio degli anni 50 e 60 non esistono. È un’opera sconfinata, impossibile metterne a fuoco il perimetro”.
Il film si apre sugli esercizi fisici che il maestro compiva all’inizio di ogni giornata: “Ho sempre pensato che in questa sua pratica ci fosse non solo il desiderio di tenere in forma fisico, ma la sua visione rigorosa della vita. Non ho infilato l’occhio nel buco della serratura per carpire gli esercizi ginnici, ma qualcos'altro”.
Sul futuro del documentario post Venezia, il regista spera che abbia “una diffusione oltre a quella consueta di sale, TV e piattaforme, spero possa anche avere una vita più specifica, all'interno di scuole, archivi. A differenza di quanto fanno oggi documentari analoghi, ho scelto una linea cronologica, di raccontare la storia di Ennio come un romanzo, perché il doc sia anche materiale ricerca per proseguire l’indagine sul Morricone musicista. Opera non fine a sé stessa, ma materiale per ulteriori indagini e documentari. Mi auguro non venga solo visto, ma consultato”.
Prosegue Tornatore, “Ennio non nascondeva le proprie emozioni: era trasparente in tutto, musica e sentimenti. Questa commozione spesso era legata alle profonde sofferenze del suo rapporto con la musica. La voleva assoluta, sciolta da ogni vincolo, viceversa dovette prestarsi a un uso della musica che riteneva fosse umiliazione della musica stessa: viveva questo conflitto, faceva musica per il cinema con la stessa serietà e profondità d’anima che per la musica assoluta, anche se sapeva che gli altri non lo capivano”.
Tornatore ha “fatto in tempo a mostrare a Morricone solo la prima ora del montaggio grezzo, poi purtroppo non c'è stato più tempo. Ci dicevamo tutto nel nostro rapporto, la nostra amicizia non castrava le critiche reciproche: non escludo avrebbe avuto qualcosa da ridire”.