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“La necessità e l’ambiguità del cambiare, un tema che mi porto dentro dal primo film e che stavolta metto in relazione con la dimensione collettiva del cambiamento. Fare film, nel mio caso, non parte mai da un concetto, come qui possono essere il capitalismo o i giovani, ma da particolari, dettagli, atmosfere. Il protagonista Enrico Giusti crede sia possibile cambiare in meglio le cose, e per farlo è disposto a sporcarsi le mani”. Dopo sette anni di digiuno, ultimo film Non pensarci nel 2007, Gianni Zanasi torna dietro la macchina da presa con La felicità è un sistema complesso, prodotto da Pupkin Production (Rita Rognoni), IBC Movie (Beppe Caschetto) e Rai Cinema, distribuito da Bim a partire dal 26 novembre prossimo. In cartellone (Festa Mobile) al 33° Torino Film Festival, è interpretato da Valerio Mastandrea, Hadas Yaron, Giuseppe Battiston e gli esordienti Filippo De Carli e Camilla Martini, Maurizio Donadoni, Teco Celio.
Protagonista, appunto, Enrico Giusti (Mastandrea), che fa un lavoro peculiare: avvicina dirigenti irresponsabili e incompetenti che rischiano di mandare in rovina le imprese che gestiscono, se li fa amici e li convince a mollare, affinché le aziende non falliscano e le persone impiegate non perdano il posto. Le cose cambiano quando Filippo (De Carli) e Camilla (Martini), fratello e sorella di 18 e 13 anni, rimangono orfani e si ritrovano a capo di un importante gruppo industriale. Causa partecipe del cambiamento di Enrico è anche Achrinoam (Yaron, l’attrice israeliana già vista e apprezzata in Fill the Void), l’ex ragazza israeliana di suo fratello…
“Ho proceduto a istinto, più che col ragionamento: credo più nell’eccesso che nel difetto, non amo procedere per sottrazione, altrimenti, mi verrebbe da dire, il biglietto del cinema andrebbe pagato 5 euro, anziché 8. Insomma, preferisco ci sia qualcosa in più che in meno”, precisa Zanasi, osservando come nell’Enrico Giusti di Mastandrea “l’ironia sia uno strumento di intelligenza, ma di difesa dalle persone e dalle cose, ovvero dalla vita. Ma quando, incontrando Achrinoam, gli capita di piombare in un’emozione forte, che succede?”.
Tra il serio e il faceto, Mastandrea, che già lavorò con Zanasi in Non pensarci, afferma che “un attore subisce con Gianni una forma di violenza creativa di Zanasi: fare un film con lui è qualcosa di particolare, non ti dà punti di riferimento. Ma, sebbene il copione fosse di mille pagine, alcune cose di Enrico Giusti mi sono arrivate subito in maniera istintiva: è un uomo convinto di fare la guerra contro la New Economy, un nemico più grande, che non può vincere. In realtà, combatte quella guerra perché non può vincere la sua battaglia personale: l’amore, che muove le cose, gli farà capire che quella guerra non si può vincere se non essendo persone migliori”.
Se Zanasi sottolinea come “è nel rapporto di un figlio col padre che si cambia oppure no”, Battiston, che interpreta il figlio del titolare (Celio) per cui lavora Enrico Giusti, aggiunge: “Il mio personaggio riprova che un figlio ha due possibilità: seguire le orme del padre, e nel mio caso andare a fondo, oppure negarle e cercare di costruire qualcosa che gli assomigli. I giovani sono splendidi e vogliono fare nel mondo qualcosa di altrettanto splendido”.