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10 anni senza Michelangelo Antonioni. La Cineteca di Bologna ricorda il maestro ferrarese (scomparso nel 2007) portando nelle sale italiane il restauro di uno dei suoi film di culto, Blow-Up, vincitore 50 anni fa, nel 1967, del Festival di Cannes: da lunedì 2 ottobre, e per tutto il mese, Blow-Up toccherà 80 sale su tutto il territorio nazionale, nell’ambito del progetto della Cineteca di Bologna per la distribuzione dei classici restaurati, Il Cinema Ritrovato. Al cinema.
Il restauro di Blow-Up è realizzato da Cineteca di Bologna, Istituto Luce – Cinecittà e Criterion, in collaborazione con Warner Bros. e Park Circus, ai laboratori Criterion di New York e L’Immagine Ritrovata di Bologna, con la supervisione di uno dei più importanti direttori della fotografia del cinema italiano contemporaneo, Luca Bigazzi. Un film che da tre generazioni rappresenta un autentico culto per cineasti e spettatori nel mondo, un culto modificato nel tempo e dalle percezioni, ma non nella magnetica fascinazione dei suoi tanti livelli di stile, e nel mistero e le domande che ancora pone a chi lo vede. Dal 1967 l’indagine del fotografo Thomas – un irripetibile David Hemmings, capace di variare toni dall’allucinatorio al crudele, dal fatuo al fraterno per ogni spettatore che ci si riconosce – non cessa di essere un emblema del cinema contemporaneo.
Molto liberamente tratto da un racconto di Julio Cortázar, sceneggiato da Antonioni con Tonino Guerra e il drammaturgo Edward Bond, Blow-Up dava un precipitato, nella Swinging London degli anni Sessanta, di quasi tutti i temi e sensibilità che sarebbero esplosi con il postmoderno. Dallo studio sulla città al potere conturbante degli oggetti (la mitica elica, i jeans bianchi e la macchina di Hemmings, la chitarra sfasciata di un concerto degli Yardbirds, fino al rullino fotografico, quasi un protagonista della trama), ai rapporti spaziali tra le persone, l’ossessione della moda, la confusione dei generi – in un noir filosofico che ha per protagonista un fotografo di senzatetto e modelle – e su tutto la crisi del concetto di verità, che, nell’intreccio “giallo” di un possibile testimone di un omicidio, diventa riflessione sull’impossibilità di conoscere completamente un fatto, una persona, un tempo.
Fino a uno dei finali più noti e citati di tutta la storia del cinema: l’impossibile partita di tennis di fronte alla quale Thomas capisce che l’essenziale è invisibile agli occhi. Questi e altri segni impressi sulla pellicola fanno di Blow-Up un oggetto attuale di passioni, analisi e discussioni per i cinefili di tutti i continenti, con influenze che spaziano da Coppola a Wenders, Dario Argento e Greenaway (per non citarne che alcuni), e un personaggio e un’atmosfera che con il passare di mode e tempo, sono ancora coinvolgenti.