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La Festa del Cinema di Roma 2016 si chiude col botto. Sul palco saltella l’uomo che è stato invitato a cena da Obama: “L’incontro con il pubblico, qui nella capitale, doveva essere di mercoledì, ma al Presidente degli Stati Uniti non si può dire di no. Alla Casa Bianca era tutto dipinto di rosso, bianco e verde, e alla fine si è intrufolato anche Renzi. Obama è fantastico. L’ho abbracciato forte e lui mi ha detto di aver pianto quando ha visto La vita è bella”. Roberto Benigni non risente del jet lag, e ricorda di quella volta che ha chiamato il papa “Wojtilaccio”. “Mi hanno condannato a un anno di prigione con la condizionale, e ho dovuto pagare un milione di multa”. Ma tra i due non c’è stato nessun rancore, infatti Giovanni Paolo II l’ha convocato in Vaticano per una proiezione privata de La vita è bella. “Ero appena arrivato a Los Angeles, e mi hanno fatto prendere il primo aereo per l’Italia. A San Pietro, c’era un’atmosfera in stile L’esorcista: pioveva e c’erano 60 suore vestite di tutto punto che mi aspettavano. A un certo punto, è arrivato Wojtyla in pantofole rosse, ed è partita un’ola divina fatta di inchini e preghiere. Ho visto il film seduto vicino a lui, ed è stata un’emozione fortissima”.
“Il piccolo diavolo” ha anche lavorato con Federico Fellini ne La voce della luna. “Aveva la voce suadente di una monaca di clausura e ti faceva sentire importante. Ti dava l’illusione di essere al centro della sua vita. Riusciva a evocare emozioni che il pubblico non conosceva, e ogni istante del suo cinema era straordinario. Fellini ha rappresentato la vetta dell’arte moderna”.
Benigni ha due amori nella vita: il cinema e la moglie Nicoletta Braschi, che lo ha accompagnato nelle sue avventure. “La commedia priva di una presenza femminile è come una vita a metà. Per me lei è stata una benedizione, e ha dato una svolta ai miei film”. Da marito devoto e attore di successo, ha stupito anche oltreoceano. “Terrence Malick mi voleva per interpretare il demonio in un’opera su San Pietro, e non è detto che in un futuro non si faccia”. Invece per Antonioni doveva vestire i panni San Francesco.
Poi racconta le origini del genio. “Sono nato in una famiglia di contadini toscani e il primo film l’ho visto al contrario. Non avevo i soldi per entrare in un cinema all’aperto, così mi sono messo nel campo di grano dietro allo schermo. Avevo sei anni e Ben Hur è diventato Ruh Neb”. Charlie Chaplin ha dato il via alla sua carriera: “Chaplin rappresenta la furia e la grazia. Con occhi da felino cerca di farti ridere, ma la tragedia è sempre dietro l’angolo. È lui che mi ha trasmesso la necessità di far parte di questo mondo”. Come sempre, alla fine arrivano i fuochi d’artificio: “Sto preparando un nuovo film, che sarà di un’allegria sfrenata: voglio far ridere a crepapelle”. Non ci resta che aspettare.