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Amore e castità: come conciliare? E’ Bangla, commedia sentimentale, e molto di più, che segna l’esordio alla regia di Phaim Bhuiyan, ventiduenne italiano di origini bengalesi che scrive, a quattro mani con Vanessa Picciarelli, e si dirige.
Dal 16 maggio in sala con Fandango, che produce con Tim Vision, Bangla ha già conquistato il pubblico di Rotterdam e ora del decimo Bif&st di Bari, complice l’empatia, l’ironia e l’intelligenza riversate nella storia di Phaim, giovane musulmano di origini bengalesi nato in Italia 22 anni fa, che vive con la famiglia a Torpignattara, quartiere multietnico di Roma, lavora come steward in un museo e suona in un gruppo: quando incontra Asia (Carlotta Antonelli) è immediata l’attrazione, ma come potrà far fronte alla castità pre-matrimoniale dettata dall’Islam?
Nel cast anche Simone Liberati, Milena Mancini e Pietro Sermonti, Bangla – scherza ma non troppo Bhuiyan – “parla del mio problema principale, che sono le donne. Non è un film politico, ma tratta temi, dalle seconde generazioni allo ius soli, che lo sono, con sottigliezza e sguardo divertito”.
Tra i modelli del giovane regista, che ha mosso i primi passi tra IED e il programma televisivo Nemo, ci sono Spielberg e Zemeckis, ma nell’occasione cita l’ispirazione fondamentale di Paterson di Jim Jarmusch, mentre sul paragone che qualcuno ha evocato con Nanni Moretti ed Ecce Bombo – “Ecce Bangla” – trova più vicino Caro Diario.
Aiutato sul set da Emanuele Scaringi (La profezia dell’armadillo), Bhuiyan ha potuto contare produttivamente su Annamaria Morelli (Tim Vision), che parla di “commedia sentimentale di grande spensieratezza, con un punto di vista originale, serio ma non serioso”, e Domenico Procacci, che osserva: “Il lavoro sulle opere prime e registi, spesso anche attori, agli inizi da sempre contraddistingue Fandango. Phaim è la seconda generazione, Bangla è il primo film di un regista nato in Italia da un’etnia diversa, e parla di integrazione, accettazione e confronto, ovvero della ricchezza della multiculturalità, con buona pace di quella parte dell’Italia che non la pensa così, e con soddisfazione dell’altra”.
Se Carlotta Antonelli parla di “felice contrasto tra Asia e Phaim, che per me è un genio” e di come “tramite il mio personaggio ho imparato ad avere quella pazienza che nella vita non ho”, la co-sceneggiatrice Vanessa Picciarelli rivela come si sia “partiti dal dato autobiografico, e poi il lavoro di scrittura è stato molto fluido: abbiamo immaginato che cosa gli potesse accadere di fronte alla scelta tra amore e religione. Sia al tavolo che sul set c’è stato divertimento, e il quartiere ha risposto molto bene”.