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“Penso che dovremmo chiamare gli Avengers”. Delle tante battute sciorinate dal protagonista di Ant Man, questa è la migliore.
Poche parole per suggellare il nuovo corso dell’Universo Cinematografico Marvel, improntato all’autoironia e all’inarrestabile poligamia tra i superhero dei fumetti. Dal 2016, quando verrà avviata la fase tre con Captain America: Civil War, l’Uomo Formica condividerà la scena con l’Uomo Ragno (Spider-Man) e con il resto della squadra dei Vendicatori, in un film apripista dei futuri e ricchissimi cross over di casa Marvel.
L’unione fa la forza e centuplica i guadagni, come ha illustrato di recente il capoccia della Marvel Kevin Feige: “Ogni anno verrebbero distribuiti un film basato su un personaggio già esistente e un altro con un nuovo personaggi”. Da qui al 2019, oltre agli episodi due e tre delle saghe già esistenti (Captain America, Avengers, Thor) e i reboot (Spider-Man con Tom Holland) faranno capolino per la prima volta sullo schermo personaggi leggendari dei fumetti come Doctor Strange e Black Panther.
Ant-Man costituiva insieme ai Guardiani della galassia un esperimento interessante, perché si trattava di un albo minore della galassia Marvel, perciò più disponibile di altri a una reinvenzione totale su grande schermo. Esperimento che avrebbe potuto concretizzarsi al meglio grazie al coinvolgimento nel progetto di Edgar Wright – regista di Hot Fuzz e Shaun of the Dead. Dopo quasi un decennio di lavoro però Edgar Wright è stato estromesso dal progetto per le divergenze creative con la Disney.
Wright, considerato uno degli enfant terrible di Hollywood, voleva una versione eccessivamente caustica e comica di Ant-Man che avrebbe però cozzato con quell’insieme ormai anche esteticamente coerente che è l’Universo Marvel. Ciononostante il film ha mantenuto un impianto leggero e un passo frivolo, anche perché il sostituto Peyton Reed è subentrato quando il piano di lavorazione era già definito e il cast (Paul Rudd, Michael Douglas ed Evangeline Lilly) ormai “preparato” da Wright a leggere il film in chiave semiparodistica.
Il risultato è una commedia con molte scene d’azione, che sfrutta uno degli espedienti più antichi del cinema – la miniaturizzazione di cose e persone - per amplificare l’effetto meraviglia e regalare allo spettatore un paio di sequenze davvero visionarie. Come intrattenimento per l’estate ci può stare.