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“Come il mio personaggio coniuga l’essere madre e scienziata? Tante donne che conosco attraversano la vita con grande intelligenza, e ho sentito un feeling forte con la mia Louise: non mi sembrava strana, bensì simile a tante donne che lottano per il proprio lavoro ogni giorno. Del resto, la nostra vita è alla ricerca di un continuo equilibrio tra personale e lavoro”.
Parola di Amy Adams, protagonista di Arrival, la science fiction umanista di Denis Villeneuve, in Concorso a Venezia 73. Nel film, 12 gusci alieni piovono sulla Terra: l’esercito americano, nella persona del colonnello Forest Whitaker, chiama la linguista Amy Adams e lo scienziato Jeremy Renner per instaurare un contatto e, possibilmente, dialogare con gli alieni e capirne le intenzioni. Ma il focus è anche sulla vita privata, relazionale e parentale, di questi personaggi…
“L’elemento di fantascienza della storia mi è piaciuto, ed è bello riceverlo da un uomo d’arte pieno di potenza come Denis Villeneuve”, dice la Adams, mentre Renner parla di “uno tra i copioni migliori mai letti, e non me l’aspettavo da un thriller sci-fi”. Entrambi lodano il regista, assente dal Lido perché impegnato al pari di Ryan Gosling sul set di Blade Runner 2: “Una grande gioia lavorare con Denis, è focalizzato assai, concentrato, ma anche sereno e calmo”, osserva la Adams, mentre Renner gli riconosce una “grande intelligenza emotiva: non so come faccia a ponderare tutto quel che gli passa per la testa, è equilibrato, paziente. Ti concede grande libertà sul set, ma è lui a tenere il timone: sempre”.
Sugli alieni, l’attrice puntualizza: “Abbiamo la presunzione di credere che gli alieni la pensino come noi, ma non so che penserebbero di questo nostro mondo? Il mio personaggio ne studia la lingua”, con il collega che evidenzia come “quando tocchiamo il fondo, arriviamo alla compassione, all’unità rispetto a quel che ci divide, è questo è un pensiero molto potente”.
Non avendo “mai pensato a questo come a un mero film di fantascienza”, la Adams si concentra sull’aspetto più intimo e affettivo: “Anche io sono madre, questo copione mi ha colpito con il prologo emotivo, poi ho avvertito un senso di comunione con l’umanità mio personaggio e la natura degli eptapodi”. Ribatte Renner, “per me è un personaggio diverso dai soliti, e anche io ho avuto un collegamento emozionale con storia. Farei qualsiasi cosa con la donna seduta qui vicino a me, è soprattutto per lei (Amy Adams, NdR) che ho deciso di fare questo film”.
L’attore si dice convinto che “il modo più efficace per comunicare non siano le parole, che spesso limitano e tradiscono le emozioni. Preferisco esprimermi con il fisico, il viso, quel che trasmette. E noi attori lo facciamo per vivere: è un mestiere”.
Se in Arrival accade alla sua Louise, Amy Adams confida che “avrei paura di conoscere il mio destino, o forse mi calmerebbe, chissà. Sono una regina dell’ansia nella mia vita, sarei molto agitata. Ma abbiamo una grande scelta: apprezzare tutti gli eventi, anche quelli non importanti, della nostra vita, cogliere quel che hanno di bello”.