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“Chi è il mio Godard? La risposta non è facile. Quello che vedete sullo schermo è il risultato di un lungo lavoro di ricerca, con alla base il romanzo di Anne Wiazemsky, scritto cinquant’anni dopo la loro storia d’amore. Non esiste una visione univoca di Godard: è un personaggio sfaccettato, paradossale, che abbraccia la tragedia e la commedia. È un eroe, un guerriero del nostro tempo. Nello stesso corpo convivono il mito e l’uomo, con tutte le sue contraddizioni. Ha sacrificato la sua vita per inseguire una libertà politica e creativa”. Il regista Michel Hazanavicius presenta Il mio Godard a Roma, con l’attore Louis Garrel. Il film uscirà nelle sale italiane il 31 ottobre, in sessanta copie, distribuito da Cinema.
“Le persone cambiano, specialmente con l’età. Il Godard di adesso non è quello del Sessantotto, quindi noi descriviamo una storia che non c’è più. Il film non è stato realizzato con nostalgia, ma con la consapevolezza che quel periodo è morto. Adesso quella spinta politica si è sopita”, prosegue Garrel (Godard nel film).
Il mio Godard inizia nel 1967, mentre il grande regista stava girando La cinese, con la sua musa Anne Wiazemsky. Lei è più giovane di lui di quasi vent’anni, ma insieme sono felici e si sposano. Poi arriva il Sessantotto, la “rivoluzione”, le proteste per le strade, e il loro amore si rompe. “Bisogna continuare a dialogare con il passato, con gli artisti che ci hanno preceduto. È l’unico modo per non smettere di dipingere epoche e protagonisti altrimenti incomprensibili. Ho scelto la commedia per intrattenere con intelligenza il mio pubblico e non rendere la materia troppo ostica”, spiega Hazanavicius.
Il genio ribelle della Nouvelle Vague è passato da Fino all’ultimo respiro all’esperienza con il Gruppo Dziga Vertov, sempre alla ricerca di un cinema capace di rompere ogni schema. “Io amo il Godard del primo periodo. La sua originalità mi affascinava, mentre i film girati con il Gruppo sono molto lontani dalle mie idee”. La politica è un elemento imprescindibile nelle opere di Godard. “Tutto è politica, anche la commedia meno riuscita che si possa trovare in una sala. Lui non ha mai sbancato il botteghino, ma il suo linguaggio innovativo ha fatto la storia. La sua forza, all’epoca, era il carisma, la cultura, la mia è il cinema stesso, la sua potenza, che mi spinge ad andare avanti e cercare progetti sempre nuovi”.
Conclude Garrel: “Non ho un’idea di cinema precisa. Ammiro Godard, ma adoro La notte americana di Truffaut. E ho ritrovato la stessa contraddizione in questa storia. Godard non potrà mai apprezzare il film di Hazanavicius”. Interviene il regista: “Abbiamo provato a mandare una lettera a Godard, ma lui non ha risposto subito. In seguito, ci ha chiesto di avere una copia della sceneggiatura, e poi è calato il silenzio. Gli ho proposto di vedere il film e lui ha rifiutato. Mi aspetto, in futuro, di sentire una sua requisitoria che mi condanna duramente. Intanto sono molto soddisfatto di aver realizzato un film su Godard. E spero che lui non ne farà mai uno su di me”.